L’INAIL HA PREVISTO IL PAGAMENTO IN AUTONOMIA, SENZA L’INTERVENTO DELL’ AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA, IN QUATTRO RATE DEL COSIDDETTO PREMIO DI AUTOLIQUIDAZIONE PER ILN 2024 / 2025

L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul Lavoro, ente pubblico non economico che assicura i lavoratori per le malattie professionali e gli infortuni sul lavoro, riducendo gli incidenti sui luoghi di lavoro, aiutando i lavoratori a rientrare nel mondo del lavoro dopo un infortunio, ha pubblicato i coefficienti utili per il pagamento in quattro rate del premio di autoliquidazione 2024-2025, intendendo per autoliquidazione il versamento diretto di alcune imposte dovute sulla base di un autodichiarazione, senza cioè l’intervento diretto dell’amministrazione finanziaria. I coefficienti sono da moltiplicare per gli importi della seconda, terza e quarta rata dell’autoliquidazione, sulla base del medio di interesse dei titoli di Stato per l’anno 2025 già pubblicato dal Ministero dell’economia e delle Finanze, da utilizzare ai sensi dell’art. 44, comma 3, del DPR n. 1124/1965.Con l’Istruzione operativa del 14 gennaio 2025 n. 370 l’INAIL ha aggiornato i coefficienti per il pagamento in quattro rate del premio di autoliquidazione 2024-2025 .

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato il tasso medio di interesse dei titoli di Stato per l’anno 2024. Il tasso, pari allo 3,41%, è da utilizzare per il calcolo degli interessi da versare in caso di pagamento rateale del premio di autoliquidazione. Sulla base di tale tasso si indicano i coefficienti da moltiplicare per gli importi della seconda, terza e quarta rata dell’autoliquidazione 2024/2025. Essi tengono conto del differimento di diritto al primo giorno lavorativo successivo nel caso in cui il termine di pagamento del 16 scada di sabato o di giorno festivo. Inoltre il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato il tasso medio di interesse dei titoli di Stato per l’anno 2024. Il tasso, pari allo 3,41%, è da utilizzare per il calcolo degli interessi da versare in caso di pagamento rateale del premio di autoliquidazione. Sulla base di tale tasso si indicano i coefficienti da moltiplicare per gli importi della seconda, terza e quarta rata dell’autoliquidazione 2024/2025. Essi tengono conto del differimento di diritto al primo giorno lavorativo successivo nel caso in cui il termine di pagamento del 16 scada di sabato o di giorno festivo.

Tengono conto altresì della possibilità di effettuare il versamento delle somme che hanno scadenza tra il 1° e il 20 agosto, entro il 20 agosto e senza alcuna maggiorazione.
1° rata: 17 febbraio 2025 tasso 0
2° rata: 16 maggio 2025 tasso 0,00822137
3° rata: 20 agosto 2025 tasso 2 0,01681644
4° rata: 17 novembre 2025 0,02541151

Ma cos’è il premio di autoliquidazione? Esso non è altro che il calcolo del premio dovuto all’INAIL di regolazione dell’anno precedente e quello della rata per l’anno in corso. Quali sono le imposte in autoliquidazione? In base alla riforma fiscale disposta dal D.Lgs 139/2024 ha introdotto il principio di autoliquidazione per l’imposta sulle successioni, attualmente limitato alle sole imposte ipotecaria, catastale, di bollo ed alle tasse ipotecarie. Il calcolo del premio assicurativo avviene ogni anno tramite il sistema dell’autoliquidazione, ovvero del calcolo effettuato dal datore di lavoro sulla base delle norme di legge e delle istruzioni operative fornite dall’Istituto.

CON IL NUOVO ANNO SEMPLIFICAZIONE DELLE SPESE SOSTENUTE DAI LAVORATORI AUTONOMI

Dal 1° gennaio 2025 entreranno in vigore importanti novità in materia di trattamento fiscale delle spese sostenute dai lavoratori autonomi per l’esecuzione di incarichi professionali. La riforma, introdotta dal D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, modifica l’art. 54 del TUIR con l’obiettivo di semplificare la gestione di tali spese e di ridurre il carico fiscale per i professionisti. Le nuove regole interessano tutte le persone fisiche e le associazioni professionali che producono redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

Le spese per l’esecuzione degli incarichi professionali possono essere sostenute direttamente dal professionista o dal committente e la loro gestione fiscale varia a seconda delle modalità di addebito. Dal 2025 le somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute dal lavoratore autonomo per l’esecuzione di un incarico e riaddebitate analiticamente al committente non concorrono più a formare il reddito del professionista. Parallelamente queste spese non saranno deducibili ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, salvo alcuni casi eccezionali quali il mancato rimborso dovuto a insolvenza del committente o prescrizione del credito. Si elimina inoltre la ritenuta d’acconto che fino al 31 dicembre 2024 veniva applicata sui rimborsi analitici.

Le spese sostenute direttamente dal committente per l’esecuzione dell’incarico non saranno considerate compensi in natura per il professionista e verranno dedotte dal committente secondo le regole ordinarie. Resta invece invariata la disciplina per le spese incluse nei compensi complessivi che continuano a concorrere alla formazione del reddito del professionista e a essere soggette ai limiti di deducibilità. Per esempio, le spese di vitto e alloggio sono deducibili solo al 75% e comunque non oltre il 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.

Fino alla fine del 2024 si applica la disciplina transitoria che prevede che i rimborsi analitici delle spese concorrono alla formazione del reddito del professionista ma sono interamente deducibili. La nuova normativa rappresenta quindi un cambiamento significativo per i professionisti che riaddebitano analiticamente le spese ai propri committenti poiché, a fronte di una semplificazione e di un vantaggio fiscale dovuto all’eliminazione della ritenuta, si perde il beneficio della deducibilità di tali spese.

La convenienza delle nuove regole varia in base alle modalità operative del professionista. Ad esempio, chi riaddebita analiticamente le spese beneficia dell’eliminazione dell’imposizione fiscale su tali somme, ma perde la possibilità di dedurle dal reddito. Per contro, le spese sostenute direttamente dal committente non hanno alcun impatto fiscale per il lavoratore autonomo. Rimangono penalizzazioni fiscali per le spese incluse nei compensi complessivi, che continuano a essere limitate dal punto di vista della deducibilità.

In sintesi, la riforma introduce semplificazioni e vantaggi fiscali, ma anche nuovi vincoli che richiedono una pianificazione attenta. I professionisti dovranno valutare attentamente le modalità di gestione delle spese con i propri committenti per ottimizzare l’impatto fiscale e sfruttare al meglio i benefici della nuova normativa.

IL SISTEMA PREVIDENZIALE DEI PROFESSIONISTI TRA VARIE MODIFICHE PER UNA NUOVA PIANIFICAZIONE PENSIONISTICA

La riforma del sistema previdenziale degli avvocati, prevista per il 2025, introduce numerose modifiche che incidono profondamente sulla pianificazione pensionistica della categoria. Vediamo i punti principali e il loro impatto.
1.⁠ ⁠Sistema di calcolo e categorie di iscritti
La riforma distingue tra:
• Vecchi iscritti (con anzianità contributiva al 31 dicembre 2024): avranno una pensione mista, con una parte calcolata con il sistema retributivo (fino al 2024) e una con il contributivo (dal 2025).
• Nuovi iscritti (dal 1° gennaio 2025): la pensione sarà interamente contributiva. Questo passaggio al sistema contributivo comporta, a parità di contributi, una riduzione del 25% dell’importo pensionistico rispetto al sistema retributivo.
2.⁠ ⁠Incremento delle aliquote contributive
L’aliquota del contributo soggettivo salirà progressivamente dal 15% al 18% entro il 2027. Contestualmente, il tetto reddituale, fissato a 130.000€ nel 2025, sarà rivalutato annualmente in base all’inflazione.
3.⁠ ⁠Riduzione dei contributi minimi
Per sostenere i professionisti con redditi più bassi, i contributi minimi saranno ridotti dal 2025:
• Contributo minimo soggettivo: da 3.355€ a 2.750€.
• Contributo minimo integrativo: da 850€ a 350€.
Questi importi saranno rivalutati annualmente.
4.⁠ ⁠Requisiti per l’accesso alla pensione
• I vecchi iscritti manterranno le prestazioni attuali.
• Per i nuovi iscritti, le prestazioni saranno accorpate nella pensione unica di vecchiaia contributiva, accessibile a 70 anni (con almeno 5 anni di contributi) o anticipabile a 65 anni (con 35 anni di contributi e un importo pensionistico minimo).

5.⁠ ⁠Pensionati attivi e supplementi triennali
I pensionati che continuano a lavorare vedranno un aumento dell’aliquota di contribuzione dal 7,5% al 12%. Inoltre, saranno abolite le prestazioni contributive per i pensionati di vecchiaia, sostituite dai supplementi triennali calcolati con il metodo contributivo.
6.⁠ ⁠Contributo modulare
Il contributo modulare facoltativo potrà raggiungere il 20% del reddito (rispetto all’attuale 10%), permettendo agli avvocati di integrare il loro trattamento pensionistico.
7.⁠ ⁠Riduzione del trattamento minimo
Dal 2025 al 2029, l’importo del trattamento minimo sarà gradualmente ridotto dagli attuali 13.942€ a 10.250€.
8.⁠ ⁠Scadenze contributive
La scadenza per la prima rata in autoliquidazione è posticipata dal 31 luglio al 30 settembre, uniformandosi alla presentazione del Modello 5.
La riforma rappresenta un passo verso un sistema previdenziale sostenibile, ma comporta sacrifici per gli iscritti, come l’aumento dei contributi e la riduzione della pensione futura. Gli avvocati dovranno adottare strategie previdenziali più attente, utilizzando strumenti come il contributo modulare o fondi pensione integrativi per garantire un reddito adeguato in età avanzata.
Nonostante le difficoltà, una gestione oculata delle risorse finanziarie permetterà di affrontare queste sfide e di trasformarle in opportunità per costruire un futuro più solido e sicuro.

OBBLIGATORIO IL CIN PER TUTTE LE STRUTTURE TURISTICHE-RICETTIVE, PER GLI ALBERGHI E LOCAZIONI BREVI

Dal 12 dicembre 2024, il Codice Identificativo Nazionale (CIN) diventa obbligatorio per tutte le strutture turistico-ricettive, incluse quelle alberghiere, extra-alberghiere e per le locazioni brevi, a partire dal 1° gennaio 2025. Il CIN dovrà essere richiesto attraverso la piattaforma BDSR del Ministero del Turismo utilizzando SPID o CIE e dovrà essere esposto obbligatoriamente all’esterno della struttura e negli annunci. Per le strutture che hanno segnalato “struttura non trovata” e per cui siano trascorsi almeno 30 giorni dalla richiesta, sarà possibile ottenere il rilascio automatico del codice accedendo alla piattaforma.
Il termine originario per la richiesta del CIN, fissato al 2 novembre 2024, è stato prorogato al 1° gennaio 2025. La normativa interessa anche le locazioni brevi, ossia contratti di locazione a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, incluse sublocazioni e locazioni di singole stanze, anche con servizi accessori come biancheria, pulizia o Wi-Fi. Per la cedolare secca, dal 2024 si applica un’aliquota del 26% per più unità immobiliari, ridotta al 21% se l’opzione riguarda una sola unità per ciascun periodo d’imposta.
Gli intermediari immobiliari devono comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai contratti conclusi entro il 30 giugno dell’anno successivo e trattenere una ritenuta del 21% sul canone, effettuando il relativo versamento. Dal 2 gennaio 2025, saranno previste sanzioni per la mancata richiesta del CIN, che variano da 800 a 8.000 euro, e per la mancata esposizione del codice, con multe da 500 a 5.000 euro.

CASSE EDILI SEMPRE PIÙ CENTRALI NEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI E DEL RISPETTO DEI DIRITTI CONTRATTUALI

Nel panorama del mondo del lavoro, le casse edili svolgono un ruolo centrale nel settore delle costruzioni, rappresentando uno strumento essenziale per garantire il rispetto dei diritti contrattuali e offrire prestazioni economiche e assistenziali ai lavoratori. Le loro funzioni includono la gestione degli accantonamenti per ferie e gratifica natalizia, l’erogazione dell’Anzianità Professionale Edile (APE) per incentivare la stabilità lavorativa, l’integrazione salariale in caso di malattia o infortunio, la fornitura di prestazioni assistenziali come borse di studio e contributi medici, e la certificazione della regolarità contributiva (DURC) per le imprese.

Tuttavia, in Italia il modello delle casse edili presenta una peculiarità unica e, per certi aspetti, anomala. La loro organizzazione su base provinciale comporta una frammentazione che incide sulla gestione e sulla distribuzione delle risorse, mentre gli oneri sostenuti dal settore edile per finanziare il sistema delle casse sono considerevoli, soprattutto in rapporto al welfare complessivo offerto. Questo squilibrio evidenzia la necessità di un ripensamento del ruolo e delle modalità operative delle casse edili, con l’obiettivo di rendere il sistema più uniforme, efficiente e sostenibile per le imprese e per i lavoratori. Una revisione di questa struttura potrebbe contribuire a migliorare la trasparenza e l’equità del sistema, oltre a rafforzare la competitività del settore edile nel suo complesso.

LA CONSULENTE ROSALIA PASSARO PONE L’ATTENZIONE SUL RUOLO DEI PROFESSIONISTI E DELLE AZIENDE CHE DEVONO FARE I CONTI CON LE NORMATIVE DELLE AGENZIE DELLE ENTRATE IN MATERIA FISCALE E PREVIDENZIALE

La situazione attuale delle piccole e medie imprese, e degli studi professionali che le supportano, sta diventando sempre più insostenibile. L’articolo evidenzia con precisione come la crescente importanza delle circolari dell’Agenzia delle Entrate e il loro ruolo quasi normativo stiano trasformando il lavoro di chi opera nel settore. Tuttavia, a mio avviso, questo processo non tiene conto della realtà operativa né delle difficoltà che affrontano quotidianamente le PMI e i loro consulenti.
Le piccole e medie imprese si trovano infatti schiacciate da un carico di adempimenti che spazia dal fiscale al previdenziale, dalla sicurezza sul lavoro agli obblighi sanitari e di pubblica sicurezza. Questa mole di responsabilità viene delegata agli studi professionali, che si trasformano inevitabilmente in poli di competenze multidisciplinari. Ma oggi la sfida non è solo leggere la norma: è interpretare un proliferare di circolari, spesso elaborate in modo poco chiaro e in tempi rapidi. Ci troviamo di fronte a documenti che non sempre riflettono una conoscenza approfondita della materia, diventando un’ulteriore fonte di incertezza.

Le tecnologie digitali hanno reso l’accesso alle circolari più rapido, ma non necessariamente più utile. Questi strumenti di interpretazione, che dovrebbero chiarire le norme, finiscono per essere percepiti come opinioni, spesso discordanti, che complicano il quadro normativo invece di semplificarlo. Il problema si aggrava perché manca quella ricchezza di esperienza che in passato caratterizzava l’Amministrazione Finanziaria. Con la perdita di personale esperto, l’interpretazione delle norme diventa più meccanica e meno contestualizzata, aumentando il divario tra contribuenti e amministrazione.

In questo contesto, è evidente che la categoria dei consulenti professionali non può più sostenere il peso di una normativa ipertrofica e instabile. Gli studi, già sovraccaricati di lavoro, devono ora confrontarsi con una complessità che non riguarda più solo la loro area tradizionale di competenza. La multidisciplinarietà sembra l’unica via d’uscita: studi che integrano competenze legali, amministrative, tecniche e fiscali. Tuttavia, questa transizione richiede risorse e investimenti che non tutti possono permettersi, rischiando di polarizzare ulteriormente il settore e lasciando le PMI prive di un supporto adeguato.
Il paradosso è che, invece di semplificare il sistema normativo, si tenta di uniformare a valle l’interpretazione delle norme, affidandosi a circolari concertate. Queste ultime, pur essendo frutto di dialogo tra amministrazione e professionisti, rischiano di irrigidire ulteriormente l’applicazione delle norme, riducendo la flessibilità necessaria per affrontare la complessità delle situazioni reali.
In definitiva, senza un radicale ripensamento del sistema, questa dinamica non è sostenibile. Occorre agire a monte, creando leggi più chiare e trasparenti, riducendo la proliferazione di circolari e valorizzando il dialogo costruttivo tra pubblico e privato. Solo così si potrà garantire un equilibrio tra le esigenze delle imprese, il lavoro degli studi professionali e l’efficienza dell’amministrazione pubblica.

CONTRIBUENTI ALLE PRESE CON L’AGENZIA DELLE ENTRATE. CONFUSIONE E PREOCCUPAZIONE

Le lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate ai titolari di partita IVA con redditi ritenuti bassi hanno suscitato critiche soprattutto per il coinvolgimento di lavoratori dipendenti e pensionati con attività autonome marginali che inevitabilmente generano redditi residuali. Questi contribuenti si trovano a ricevere una comunicazione non richiesta che causa confusione e preoccupazione anche se non impone obblighi diretti. Gli studi professionali sono particolarmente colpiti dalla situazione poiché molti clienti si rivolgono ai consulenti per ottenere ulteriori chiarimenti, nonostante le valutazioni sull’adesione al Concordato Preventivo Biennale fossero già state effettuate.

Non aderire alla proposta non comporta rischi immediati per il contribuente, ma potrebbe dar luogo a futuri accertamenti basati su presunzioni semplici o metodi analitico-induttivi. La logica utilizzata dall’Agenzia si basa su una metodologia di reddito minimo settoriale approvata con il Decreto MEF di giugno 2024, che confronta i redditi dichiarati con quelli medi dei dipendenti dello stesso settore economico. Tuttavia, la metodologia non è stata chiaramente illustrata nelle comunicazioni, aumentando il senso di incertezza tra i destinatari. I contribuenti possono scegliere di regolarizzare la propria posizione tramite dichiarazioni integrative o aderendo al Concordato entro il 12 dicembre, ma entrambe le opzioni comportano un aggravio economico. L’approccio seguito dall’Agenzia rischia di generare un effetto boomerang, alimentando malcontento e appesantendo il lavoro degli studi professionali senza apportare benefici significativi in termini di compliance fiscale.

IL PERIODO DI PROVA PER IL RAPPORTO DI LAVORO, RAPPRESENTA UNO STRUMENTO IMPORTANTE PER LE PARTI NONOSTANTE I LIMITI NORMATIVI E CONTRATTUALI

L’istituto del periodo di prova rappresenta un momento fondamentale all’interno del rapporto di lavoro, poiché consente a entrambe le parti di valutare reciprocamente l’idoneità a proseguire la collaborazione senza vincoli definitivi. Durante questo periodo, il datore di lavoro può verificare le capacità e le prestazioni del dipendente, mentre quest’ultimo ha l’opportunità di comprendere se l’ambiente e le mansioni siano compatibili con le proprie aspettative. Tuttavia, questa fase introduttiva è accompagnata da numerose complessità normative e disparità applicative, che sollevano interrogativi sia sul piano giuridico sia su quello sociale. Negli ultimi anni, sono emerse numerose modifiche legislative e interpretazioni giudiziarie che hanno cercato di regolare questo ambito, introducendo parametri per definire la durata e le condizioni del periodo di prova, soprattutto nei contratti temporanei. Questi interventi hanno però sollevato perplessità, non solo per la loro complessità ma anche per la loro attuazione, che varia significativamente a seconda del settore o del contratto collettivo applicato. La disparità di trattamento tra i lavoratori di settori diversi è un elemento particolarmente rilevante. Alcuni contratti collettivi prevedono periodi di valutazione più estesi per i ruoli di maggiore responsabilità, mentre altri stabiliscono criteri meno stringenti per i contratti a termine.

Questa frammentazione normativa, osservabile nei contratti pubblicati dal CNEL, evidenzia una mancanza di uniformità che rischia di penalizzare i lavoratori di ambiti meno tutelati. Un altro nodo critico riguarda le implicazioni legate all’invalidità del periodo di prova. Qualora il datore di lavoro non rispetti le norme previste per la formalizzazione del periodo di valutazione, come la mancata indicazione delle mansioni o la violazione di obblighi contrattuali, il licenziamento eventualmente effettuato potrebbe essere considerato non legittimo. Tuttavia, il trattamento giuridico delle conseguenze varia a seconda delle normative applicabili, creando incertezza sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Alcune interpretazioni privilegiano il riconoscimento di un risarcimento economico, mentre altre invocano il diritto alla reintegrazione del dipendente, ampliando il divario tra legislazione e prassi giudiziaria. La mancanza di un quadro uniforme per il periodo di prova si riflette anche nelle tensioni tra le regole stabilite dalla legge e le loro applicazioni concrete.

Il contrasto tra diverse interpretazioni può portare a una situazione di conflitto istituzionale, con ricadute negative sia sulla fiducia delle imprese sia sulla stabilità delle garanzie offerte ai lavoratori. Inoltre, la mancanza di una regolamentazione chiara e coerente amplifica le difficoltà per i professionisti del settore, che devono destreggiarsi tra normative complesse e divergenti. È evidente che l’attuale sistema necessita di una revisione che tenga conto delle esigenze di equilibrio tra flessibilità e protezione. Una possibile direzione potrebbe includere l’armonizzazione delle regole applicabili a tutti i contratti collettivi, evitando disparità tra lavoratori di settori diversi. In questo senso, il ruolo del CNEL dovrebbe essere rafforzato per garantire che i contratti collettivi rispettino standard equi e uniformi, in linea con i principi fondamentali della tutela dei lavoratori.
In conclusione, il periodo di prova, pur rappresentando uno strumento prezioso per entrambe le parti del rapporto di lavoro, mostra evidenti fragilità nell’attuale contesto normativo e contrattuale. Per garantire una maggiore equità e coerenza, è necessario un intervento legislativo organico che chiarisca le regole, riduca le disparità tra i settori e offra maggiore certezza giuridica, salvaguardando al tempo stesso le esigenze di flessibilità delle imprese e i diritti dei lavoratori.

OPPORTUNITÀ PER I DATORI DI LAVORO E DIPENDENTI ATTRAVERSO I FRINGE BENEFIT VALIDI FINO AL 31 DICEMBRE 2024

Nel 2024, i fringe benefit rappresentano un’opportunità per i datori di lavoro e i dipendenti grazie ai limiti elevati stabiliti per l’anno. Essi includono beni, servizi o somme di denaro concessi dal datore di lavoro ai dipendenti come integrazione della retribuzione e sono regolati dal TUIR, in particolare dall’articolo 51, comma 3, e dalle disposizioni della legge n. 213/2023, articolo 1, comma 16. Per l’anno 2024 i limiti di esenzione fiscale sono stati aumentati a 1.000 euro per tutti i dipendenti e a 2.000 euro per i lavoratori con figli fiscalmente a carico. Questi benefit includono somme per utenze domestiche, affitti, interessi sul mutuo per la prima casa, buoni acquisto o omaggi natalizi.

Possono beneficiarne tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, inclusi enti non commerciali e professionisti. Tra i beneficiari rientrano i lavoratori dipendenti e i titolari di redditi assimilati, come i co.co.co. Per applicare il limite di 2.000 euro, i lavoratori devono dichiarare al datore di lavoro di avere figli fiscalmente a carico fornendo il codice fiscale. Il datore di lavoro è tenuto a conservare la documentazione che attesti il diritto ai fringe benefit per eventuali controlli. Se il valore complessivo dei fringe benefit supera i limiti di 1.000 o 2.000 euro, l’intero importo diventa tassabile secondo le aliquote IRPEF ordinarie. Per i datori di lavoro i fringe benefit sono integralmente deducibili dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 95, comma 1, TUIR, senza essere soggetti ai limiti del 5 per mille previsti dall’articolo 100, comma 1, TUIR.

Nel caso di omaggi natalizi del valore di 700 euro per 10 dipendenti, se nessuno di loro ha già fruito di altri fringe benefit durante l’anno, l’importo non concorre alla formazione del reddito imponibile e risulta deducibile per il datore di lavoro. In un esempio in cui vengono concessi 400 euro di buoni acquisto e 700 euro di omaggi natalizi a 10 dipendenti, di cui 4 con figli a carico, il totale di 1.100 euro supera il limite di 1.000 euro per i lavoratori senza figli e diventa interamente tassabile, mentre per i lavoratori con figli a carico rientra nel limite di 2.000 euro e non è tassabile. Nel 2024 l’aumento dei limiti temporanei per i fringe benefit offre un’opportunità sia per incentivare i dipendenti senza aggravio fiscale, sia per beneficiare di deduzioni integrali da parte dei datori di lavoro.

PROROGA DEL SECONDO ACCONTO IRPEF E MODIFICHE AL CONCORDATO PREVENTIVO. LE NOVITÀ FISCALI

Il 27 novembre 2024, la Commissione Bilancio del Senato ha approvato una serie di emendamenti al decreto fiscale (D.L. n. 155/2024), con importanti novità fiscali per imprese e lavoratori. Sebbene gli interventi previsti possano alleggerire la pressione fiscale a breve termine, alcune delle modifiche potrebbero sollevare perplessità tra i contribuenti e gli operatori economici. Ecco un’analisi delle principali disposizioni introdotte e delle criticità associate.
Proroga al 16 Gennaio 2025 del Secondo Acconto IRPEF
Una delle novità più rilevanti riguarda la proroga al 16 gennaio 2025 per il versamento del secondo acconto IRPEF 2024, che inizialmente doveva essere effettuato entro il 2 dicembre 2024. La misura riguarda le persone fisiche titolari di partita IVA con ricavi o compensi non superiori a 170.000 euro, estendendo così il termine di circa un mese. La possibilità di pagare in unica soluzione o in cinque rate mensili da gennaio a maggio 2025 offre una certa flessibilità, consentendo ai contribuenti di gestire meglio la liquidità in un periodo che, per molti, coincide con la fine dell’anno fiscale.
Tuttavia, una criticità importante riguarda l’esclusione di alcuni soggetti dalla proroga: i lavoratori autonomi con ricavi superiori a 170.000 euro, i non titolari di partita IVA e le persone giuridiche non ne beneficeranno. Ciò potrebbe generare disparità di trattamento tra contribuenti, penalizzando, ad esempio, le piccole imprese e i professionisti che, pur trovandosi in difficoltà economiche simili, non rientrano nei criteri fissati dalla norma. Inoltre, i contributi previdenziali e assistenziali rimangono con la scadenza invariata del 2 dicembre 2024, creando un ulteriore scoglio burocratico per chi deve pagare separatamente le imposte e i contributi. La mancanza di una simile proroga per i contributi potrebbe aggravare la situazione per quei soggetti che, pur beneficiando della dilazione per l’IRPEF, non sono in grado di rispettare il termine fissato per i versamenti previdenziali.

Riapertura dei Termini per il Concordato Preventivo Biennale
Un altro provvedimento significativo riguarda il concordato preventivo biennale. È stata riaperta la possibilità di aderire al concordato fino al 12 dicembre 2024. Questo strumento, che consente alle imprese in difficoltà di ristrutturare il proprio debito e ottenere una riduzione degli oneri fiscali, è stato rivisitato con l’introduzione di un “ravvedimento speciale” per i soggetti che, a causa della pandemia, avevano dichiarato cause di esclusione dagli Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA).
La misura, che mira a dare un’opportunità di recupero a chi ha dichiarato difficoltà legate al Covid-19, potrebbe però sollevare dubbie interpretazioni sul piano della sua effettiva applicabilità. La sua estensione ai soggetti che dichiarano più attività imprenditoriali non sempre coerenti con l’ISA potrebbe portare a difficoltà applicative, con rischi di interpretazioni fiscali discordanti tra i contribuenti e l’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, sebbene la riapertura dei termini per il concordato preventivo possa sembrare una misura di aiuto per le imprese in difficoltà, la scadenza del 12 dicembre 2024 potrebbe risultare troppo ravvicinata per molte aziende, che potrebbero non riuscire a preparare la documentazione necessaria in tempo, soprattutto in un contesto già complesso per la gestione delle crisi aziendali.

Bonus Natale e Modifiche ai Benefici per i Lavoratori Dipendenti
Un emendamento che ha suscitato grande interesse riguarda il bonus Natale di 100 euro, che quest’anno sarà esteso a un numero maggiore di lavoratori. La principale novità è l’eliminazione del requisito del coniuge a carico, rendendo sufficiente avere almeno un figlio a carico per beneficiare dell’indennità una tantum. Tuttavia, questa misura potrebbe non essere sufficientemente mirata. In particolare, l’assenza di un sistema di verifica accurato sui redditi familiari potrebbe favorire l’erogazione del bonus a chi non ne ha realmente bisogno, generando inefficienze nella distribuzione delle risorse.
Obbligo di Assicurazione Anticatastrofi e Criticità per le Imprese
Un altro emendamento di rilievo riguarda l’obbligo di assicurazione per le imprese contro eventi catastrofali, che dovrà essere rispettato entro il 31 dicembre 2024. Sebbene la protezione contro calamità naturali rappresenti una misura di tutela per le aziende, la sua applicazione potrebbe risultare onerosa per le piccole e medie imprese, che potrebbero trovarsi a dover fronteggiare costi aggiuntivi per le polizze assicurative, senza contare che alcune aziende potrebbero avere già una copertura privata per i beni interessati. L’eccezione per le polizze esistenti non sempre è chiara, e potrebbero esserci difficoltà nella distinzione tra coperture già sufficienti e quelle necessarie.
Le modifiche fiscali introdotte dal decreto fiscale rappresentano un tentativo di alleggerire la pressione su lavoratori e imprese in un periodo economico difficile, ma presentano alcune criticità che potrebbero limitare l’efficacia di queste misure. Mentre la proroga del secondo acconto IRPEF è una misura apprezzata da molti, la disparità di trattamento tra i contribuenti e le tempistiche strette per alcune modifiche rendono il quadro complesso. Le misure sul concordato preventivo e l’assicurazione contro eventi catastrofali, pur essendo utili, potrebbero comportare difficoltà pratiche, specialmente per le piccole imprese. Inoltre, l’espansione del bonus Natale potrebbe non essere completamente equa e rischia di diluire l’efficacia di tale intervento. Le imprese e i professionisti dovranno, dunque, affrontare non solo i benefici ma anche le sfide derivanti da queste nuove disposizioni fiscali.