DOPO LA CRISI ECONOMICA DEL 2008 TUTTA L’INDUSTRIA MANIFATTURIERA HA SOFFERTO

In particolare il mondo della moda ha subito un grave calo economico: le imprese della moda solo nel primo metà anno del 2024 hanno registrato una perdita di 1,8 miliardi, con un calo del 5,3% delle esportazioni. Soffermandoci proprio sull’export, a livello regionale la Lombardia con la sua Milano, indiscussa città dell’alta moda, ha subito una perdita di 826 milioni e la Toscana, che ha superato la Lombardia, 936 milioni. Ma mentre il mondo del lusso e dell’alta moda è in piena crisi totale, il fast fashion aumenta sempre di più i fatturati. Si parla di un giro d’affari che nel 2027 arriverà a 185 miliardi di dollari. La continua voglia di cambiare il proprio abbigliamento spendendo cifre basse sono le due caratteristiche che spingono sempre più gente ad acquistare abiti di bassa qualità, facendo prevalere l’insostenibilità. Il fast fashion non si lascia scappare un colpo ed è sempre dietro all’alta moda soddisfacendo sempre di più quella parte di clienti che vorrebbe avere un abbigliamento di marca ma per motivi economici non possono permetterselo. Secondo un’indagine effettuata da Co.N.A.P.I. , i fatturati del fast fashion aumenteranno del +74,5% in soli tre anni, continuando a sottolineare come, nonostante la scarsa qualità tanto criticata, questo tipo di abbigliamento continui ad essere acquistato. In questo scenario il colosso cinese SHEIN gioca un ruolo da protagonista: ogni giorno dalla sua azienda escono fino a 6 mila capi e accessori che vengono messi in vendita ad un prezzo media di 6/7 euro e, per evitare i costi di spedizione, la clientela aggiunge al carello quanta più merce possibile. Magari il capo acquistato ha una durata di qualche mese, ma non è importante perché tanto quel prezzo può essere rispeso e quel capo può non interessare più!

Secondo quanto rilasciato da FQMagazine, Francesca Rulli, ceo di Process Factory e ideatrice di 4sustainability, ha affermato che “il tema principale di insostenibilità è il modello di business, perché questi grandi marchi alimentano la sovrapproduzione di capi di breve durata. Il problema sono i modelli di prezzo e di consumo che non vanno assolutamente bene, perché spingono tutti gli attori coinvolti a non dare valore al capo d’abbigliamento, a non preoccuparsi della qualità, della durata e di dove andrà a finire quando sarà buttato via, perché tanto sarà un problema di qualcun altro. Sta qui l’insostenibilità”.
Tra qualche anno la normativa europea sulle due diligence verrà applicata anche ai colossi cinesi dell’e-commerce come SHEIN e TEMU e , se anche queste due non metteranno sotto controllo il loro modello produttivo saranno costretti a pagare pesanti sanzioni.
In vista del Black Friday e del Natale moltissima gente approfitterà dei prezzi ancora più bassi per acquistare merce: ma il Black Friday è una strategia di marketing che spinge il cliente ad un acquisto inconsapevole del prodotto, senza preoccuparsi del rapporto qualità-prezzo e del danno che in realtà sta provocando al mondo intero. Per fortuna stanno nascendo i “Green Friday”, intere giornate dedicate alla consapevolezza con lo scopo di promuovere prodotti già usati e dar vita di nuovo a quei prodotti che sarebbero stati scartati.

IL NOTO BRAND PINKO A RISCHIO CHIUSURA? PREVISTA UDIENZA A NOVEMBRE

Tiene banco e sta scuotendo l’ambiente della moda la notizia che vede coinvolto Pinko, noto marchio italiano di moda fondato nel 1986 da Pietro Negra e Cristina Rubini e differenziatosi per aver portato un abbigliamento ribelle ed elegante, è a rischio liquidità. A lanciare per prima l’allarme e ad accendere i riflettori sulla vicenda, è stato il quotidiano dell’ economia IL SOLE 24ORE dalle cui colonne si legge della difficoltà e della difficile situazione in cui versa l’azienda trascinandosi molti dipendenti che potrebbero trovarsi senza lavoro. A controllare l’azienda di abbigliamento con sede a Fidenza in provincia Parma è Cris Conf che sta attraversando giorni non semplici in attesa del verdetto finale. E’ prevista il 14 novembre l’udienza a Parma per avviare una trattativa con i creditori sulla base della nuova legge fallimentare: ciò che è stato richiesto sono le applicazioni delle misure protettive al patrimonio. Come rilasciato sempre da Sole24 Ore , in caso di esito positivo, Pinko avrà un anno di tempo per concordare con i creditori e scongiurare piani di risanamento draconiani o un concordato preventivo.
Eppure non ci aspettavamo che una grande azienda come quella di Pinko che conta oltre 550 dipendenti, 250 store di cui solo 95 in Cina e che in particolare nel 2021 ha fatturato 240 milioni di euro grazie anche all’e-commerce, potesse ridursi ad una crisi di liquidità. Ma questo purtroppo rientra nel concetto di crisi che il mondo della moda continua a vivere: moltissime generazioni preferiscono spendere poco ma acquistare un numero maggiore di capi d’abbigliamento anche se questi sono costituiti da una qualità decisamente più bassa rispetto a capi firmati.

Nel 2021 Pinko ha sfondato grazie allo stile elegante e sofisticato delle borse adatte per qualsiasi occasione: chiunque in strada, che indossasse un abbigliamento casual o più sofisticato, portava attorno alla propria spalla l’amatissima borsa . A far impazzire ancora di più la clientela, oltre che le varie proposte di colori, sono state borchie e paillettes , provocando entrate sempre più alte da parte di ogni store . Pinko ha già attraversato già delle fasi di crisi, come quella di dieci anni fa quando annunciò un taglio di 40 posti di lavoro. Oltre 220 milioni, sempre secondo il Sole 24 Ore, l’ultimo bilancio disponibile risalente al 2002.
La crisi ha colpito anche Pinko, ma del resto non c’è da stupirsi, visto che la chiusura dei negozi fisici, il calo delle vendite e le interruzioni nella catena di approvvigionamento hanno portato a una crisi significativa. Le aziende hanno dovuto adattarsi rapidamente, spostando l’attenzione verso l’e-commerce e le vendite online. Gli esperti parlano di moda futuristica che ormai sta incorporando tessuti intelligenti, con materiali che possono cambiare colore, consistenza e forma in risposta a stimoli esterni come la temperatura, la luce o l’umidità. Questi tessuti permettono agli stilisti di creare abiti multifunzionali che si adattano alle esigenze di chi li indossa, con la speranza che il settore della moda possa uscire definitivamente da questo momento critico dovuto a molti cambiamenti.

CINEMA E MODA IN PARTHENOPE| IL DIRETTORE CREATIVO DI YVES SAINT LAUREN ANTHONY VACCARELLO CURA GLI ABITI DEL FILM DI SORRENTINO

A proposito del film “Parthenope” diretto dal regista napoletano Paolo Sorrentino e portato al Cinema di Cannes 2024 di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo pubblicato su NEXT, ciò che viene messo in evidenza oltre all’omaggio a Napoli e al cambiamento della giovane donna protagonista, è anche il continuo mutamento ed evoluzione dei look che non possono non catturare l’attenzione di chi guarda il film. Il film purtroppo non ha vinto la famosa Palma d’oro ma è stata Daria D’Antonio, direttrice della fotografia del film di Sorrentino, ad aver vinto il premio CST Artist-Technician, per una cinematografia considerata “perfetta con grazia e bellezza”. Il film di Sorrentino. Parthenope, giovane donna interpretata da Celeste Della Porta, che porta il nome della città antica progenitrice di Napoli, non è né una sirena né un mito, ma una giovane fanciulla da uno sguardo profondo nata negli anni ’50 tra le onde del mare. La ragazza vivendo fino ai giorni nostri e attraversando gli anni ’60, ’70 e ’80 , vive non solo l’evoluzione dell’epoca a livello politico e culturale, ma anche le nuove espressioni di stile e di look incarnati dalla visione del direttore creativo di Saint Laurent Anthony Vaccarello che ha co-prodotto il film.

Parthenope rappresenta l’eroina del viaggio personificazione dell’intera esistenza femminile: dalla classica bellezza al cambiamento, dagli amori inutili a quelli impossibili , dalla spensieratezza allo svenimento, dall’estrema felicità al dolore infinito dove, in ogni scenario, fanno da sfondo abiti sempre diversi che rispecchiano non solo il decennio ma anche lo stato d’animo . In un’epoca come quella degli anni ’60 e ’70 la ragazza indossa abiti scollati, bikini vivaci e orecchini floreali. Già nel decennio dopo la moda cambia e il suo guardarobe evolve seguendo lo stile di quell’epoca: non più vivacità sul suo corpo ma tailleur, camicette e tacchi alti indossati da una Parthenope più donna e adulta. Il film è un percorso interiore della protagonista che crescendo cambia, matura, evolve e prende consapevolezza di sé e con questo anche il suo rapporto con la moda. Sorrentino ha voluto prestare attenzione all’evoluzione, anche nell’abbigliamento, dei suoi personaggi: lo scopo è stato quello di raccontare, indipendentemente dal contesto in cui si trovava, l’identità e il mondo in cui i protagonisti vivevano.
La moda da sempre fa parte delle nostre vite e rappresenta il nostro specchio interiore. Il film ha fatturato solo il primo giorno in sala 735 mila euro grazie a 30 mila presenza. Sta di fatto che il regista ha investito molto sul film e sicuramente il tocco di classe di Vaccarello, il quale sostiene che “con il cinema Saint Laurent resterà nel tempo”, non è stato indifferente. Il film è stato inoltre acquistato dalla A24, casa di produzione e distribuzione indipendente che in seguito al successo con “Everything Everywhere All at Once” ha ricevuto grande attenzione da parte del pubblico ed enorme opportunità per Sorrentino che vedrà il suo nome associato a quello dell’aziende con sede a New York.

FAST FASHION | ZARA SILENZIOSAMENTE STA CAMBIANDO LA PROPRIA STRATEGIA DI MARKETING?

Zara, Mango, H&M, Bershka e molte altre società come queste che operano nel fast fashion, sono ormai da qualche anno a questa parte le protagoniste indiscusse della moda e dello shopping della società. Più nello specifico Zara, appartenente a Inditex, uno dei maggiori gruppi di distribuzione al mondo, ha creato negli anni una rete internazionale mettendo il focus sul cliente e concentrandosi su ciò che più interessava a lui. Questa in realtà è la modalità con cui ogni azienda dovrebbe operare per attuare una buona strategia di marketing , in quanto focalizzarsi sulle richieste dei clienti è l’unico modo per rimanere aggiornati sulle nuove tendenze. Infatti soddisfare continuamente le loro richieste creando una clientela fissa porta l’azienda ad una continua crescita all’interno dell’ambito in cui opera.
Da qui la popolarità del marchio Zara, divenuto famoso soprattutto per la velocità con cui riesce a ‘copiare’ le tendenze e le collezioni dei grandi stilisti utilizzando dei prezzi accessibili per chiunque. Zara oggi rappresenta un impero di oltre 20 milioni e secondo un’indagine ha fatturato ben oltre 18,1 miliardo di euro solo tra il 1 febbraio e il 31 luglio 2024 , con un aumento del 7,2% rispetto al medesimo periodo del 2023.


Sarà probabilmente tutta questa fama a voler cambiare il suo posizionamento nel mondo della moda? In base a quanto rilasciato da Amica Magazine, pare che il brand spagnolo stia cercando lentamente e senza fare troppo rumore di cambiare la propria immagine discostandosi dal marchio riconosciuto come accessibile da tutti e veloce. Ciò che ha dato all’occhio è stata innanzitutto la presenza di Stefano Pirati, ex direttore creativo di Yves Saint Laurent, che ha firmato la nuova collezione basata su una stile minimalista e sull’eleganza timeless. Nella campagna pubblicitaria è presente lui stesso con Gisele Bundchen, top model nota per aver lavorato con noti marchi come Vogue Eyewear, YSL , oltre che l’angelo per eccellenza di Victoria’s Secret.
La presenza di personaggi come questi lasciano intendere che la strategia di marketing di Zara stia cambiando e che probabilmente i prezzi non saranno più accessibili per chiunque. Inoltre Zara ha affermato che entro il 2025 tutto il cotone, il lino e il poliestere saranno di natura biologica, sostenibili o riciclati. Questo potrebbe rappresentare un’arma a doppio taglio, perché se da un lato negli anni l’azienda ha attirato attorno a sé una clientela fissa innamorata dei loro capi d’abbigliamento e disposta a spendere qualsiasi cifra pur di rimanere alla moda e seguire le tendenze, dall’altra la restante parte potrebbe completamente abbandonare l’azienda a causa di prezzi eccessivi.
E non solo, perché pare che Zara voglia concentrarsi su punti vendita in località d’èlite come Rue de Rivoli a Parigi, dimostrando come voglia sempre di più avvicinarsi ai grandi marchi del lusso e ritagliarsi uno spazio all’interno del fashion system. Nell’effettivo non sappiamo se i prezzi rimarranno sempre accessibili e se Zara rimarrà sempre Zara che ormai tutti noi conosciamo.


L’ITALIA TORNA SUL PALCO | SARA’ IL LAGO DI COMO A FARE DA SFONDO ALLA PROSSIMA SFILATA DI CHANEL CRUISE 2025

Italia, paese dalle mille bellezze, dalle mille scoperte e da altre mille sfumature, ancora una volta è stata puntata da uno dei brand più noti al mondo, Chanel. Che la nostra Italia sia una bellezza intoccabile sotto ogni punto di vista è ormai un dato di fatto, non a caso i turisti non hanno un periodo dell’anno preferito per recarsi qui da noi perché ogni momento dell’anno può andare bene. Dopo aver sfilato da Parigi a New York, da Singapore a Dubai, essere passati per L’Avana, Monaco e Los Angeles, quest’anno sarà il Lago di Como a fare da panorama alla sfilata della collezione Cruise 2025/2026 del brand Chanel.
Chi non ha mai visto Como potrebbe domandarsi il perché di tale scelta, ma in realtà solo chi ha un occhio più artistico e cinico direbbe che Chanel, ancora una volta, non ha sbagliato colpo. Caratteristiche principali del brand Chanel sono eleganza, fascino e raffinatezza, esattamente ciò che Como rispecchia . La città ha delle origini storiche che non tutti conoscono e questo potrebbe essere un modo per riportare alla luce il savoir faire del luogo. Non tutti sanno che è il luogo in cui è nata la seta e che ha contribuito al successo della moda italiana e non solo: infatti la lavorazione della seta in questa città risale al XVI secolo e grazie all’industrializzazione nell’ ‘800 in Lombardia la città lariana è diventata leadership europea della produzione e dell’esportazione di tessuti pregiati.
Chanel vuole riportare alla luce un posto così importante per il mondo della moda che non tutti tengono in considerazione : ecco perchè la scelta della location in programma per il prossimo 29 aprile 2025 non è stata casuale come molti pensano. Nonostante la grandezza e l’eleganza di tutti i lavori della Maison parigini, questa volta non serviranno grandi addobbi per abbellire il posto, perché è già lussuoso così.
A livello economico questa potrebbe essere una grande occasione per la città di Como che si ritroverà invasa da turisti pronti a spendere qualsiasi cifra pur di non perdere un’occasione come questa. I più grandi appassionati e non solo si muoveranno da ogni parte del mondo per assistere ad un evento prezioso come questo e Como non può farsi trovare impreparata. D’altro canto saranno presenti i più grandi celebrity del mondo della moda e dello spettacolo. Con i suoi meravigliosi lembi di terra e abbigliamento di lusso, Como e Chanel stanno creando delle aspettative molto alte per la futura sfilata , nonostante ciò manca attualmente è il direttore creativo che fino allo scorso giugno era Virginie Viard.
La moda per fortuna continua a far muovere un’economia che per molto tempo ha sofferto non solo da un punto di vista estetico, ma anche e soprattutto sociale . La moda considerata un linguaggio, ha da sempre influenzato la società, le strutture sociali e le dinamiche di classe , mirando a farci sentire parte di una collettività.
La città di Como si trova al 15° posto nella classifica italiana e più nello specifico al 2° posto delle città più care in Lombardia. Secondo quanto riportano i dati di Invest in Lomabardia, “la provincia di Como è una delle aree più industrializzate ed economicamente avanzatw della Lombardia dove hanno sede oltre 50.785 aziende..-.. esiste 1 azienda ogni 12 abitanti ed è presente una forza lavoro professionale e specializzata. Più del 39% della popolazione lavora nell’industria, il 60% nel settore dei servizi e il rimanente 1% nell’agricoltura. La qualità dei prodotti del territorio si riflette nei volumi e nel valore delle esportazioni.”
Probabilmente la Maison parigini non ha avrà badato a tutto questo per la scelta della location (o forse si), ma siamo sicuri di ciò che ha in mente per ridare vita a questo meraviglioso posto