La responsabilità sul lavoro va bilanciata tra imprenditori e lavoratori per garantire sicurezza e giustizia.
La responsabilità è quell’atteggiamento consapevole che porta un individuo a riconoscere le conseguenze delle proprie azioni, assumendosene l’onere. Questo principio, alla base di ogni convivenza civile e razionale, è applicabile in molteplici ambiti: dalla filosofia al diritto, dalla psicologia alla gestione aziendale. È una qualità profondamente legata alla persona fisica che agisce, a chi compie una scelta, prende una decisione, determina un effetto.
Nel contesto della sicurezza sul lavoro, però, questa visione sembra essersi smarrita. Qui, la responsabilità si è progressivamente spostata dal soggetto che agisce a chi, formalmente, organizza. In altre parole, il sistema normativo vigente tende a concentrare tutte le colpe sull’imprenditore, anche in presenza di comportamenti negligenti, imprudenti o addirittura insubordinati da parte dei lavoratori. Il principio del “responsabile è sempre il datore di lavoro” ha assunto una connotazione quasi assolutistica, trasformando una tutela in una distorsione.
Ciò è ancor più evidente nel contesto attuale, in cui tra i quesiti referendari proposti per l’8 e il 9 giugno ricompare la volontà di inasprire ulteriormente il peso della responsabilità a carico dell’imprenditore.

Si invoca, sotto il nobile scopo della sicurezza, un ulteriore giro di vite che rischia di trasformarsi in un colpo inferto a chi, ogni giorno, crea occupazione, assume rischi, e cerca di rispettare regole già oggi particolarmente stringenti.
La nostra scuola di pensiero, radicata non solo nella teoria ma nell’esperienza concreta della realtà produttiva, propone un approccio più pragmatico e costruttivo. La sicurezza deve essere un diritto, certo. Ma come ogni diritto, esige anche doveri. Il lavoratore negligente, che ignora consapevolmente le regole, che si sottrae alla formazione, che agisce con leggerezza o superficialità, non può essere deresponsabilizzato. Anzi, va richiamato, formato, e, nei casi più gravi, perseguito.
Solo restituendo equilibrio tra doveri e diritti, tra chi agisce e chi ordina, potremo costruire un ambiente di lavoro realmente sicuro, giusto, e sostenibile. Altrimenti, rischiamo di trasformare la responsabilità in una colpa predefinita, che punisce chi crea valore e deresponsabilizza chi lo distrugge.