La riforma 2024 aggiorna la tassazione catastale per società agricole, ampliando attività e semplificando regole. Essenziale rispettare requisiti.
Il regime di tassazione catastale rappresenta da sempre una peculiarità del sistema fiscale italiano nel settore agricolo. La sua origine è legata alla volontà del legislatore di semplificare la determinazione del reddito imponibile per le attività agricole tradizionali, sostituendo l’analisi contabile con un metodo forfetario basato sulle rendite catastali. Questa possibilità, prevista dall’articolo 32 del TUIR, è stata in seguito estesa alle società agricole attraverso l’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 99 del 2004. Tale norma ha aperto la strada alla possibilità per le società che rispettano determinati requisiti di optare per la determinazione del reddito sulla base delle tariffe d’estimo dei terreni anziché con i criteri ordinari del reddito d’impresa.
Fino al 2023, le società agricole che intendevano usufruire del regime catastale dovevano possedere un oggetto sociale esclusivamente agricolo, svolgere concretamente attività agricole in senso stretto come coltivazione, silvicoltura e allevamento e contenere nella denominazione la dicitura “società agricola”. In aggiunta, l’attività doveva rientrare nei limiti fissati dall’articolo 32 TUIR, il quale individuava confini quantitativi precisi oltre i quali scattava la tassazione ordinaria per l’eccedenza. Qualsiasi attività commerciale o industriale non connessa, o la mera detenzione di partecipazioni in altre società non agricole, comportava il venir meno del requisito dell’esclusività, con la conseguente decadenza dal regime agevolato.

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 192 del 2024, la disciplina ha subito un’importante revisione. Il nuovo quadro normativo ha aggiornato e ampliato il perimetro delle attività che possono essere considerate agricole ai fini fiscali. La riforma ha rimosso la clausola “nei limiti della potenzialità del terreno”, rendendo la definizione di attività agricola coerente con quella civilistica prevista dall’articolo 2135 del codice civile. Sono ora espressamente riconosciute come agricole anche le attività svolte in immobili censiti al catasto fabbricati, appartenenti a determinate categorie catastali, purché entro specifici limiti di superficie. Vengono inoltre considerate agricole le attività finalizzate alla tutela ambientale e al contrasto dei cambiamenti climatici, purché connesse alla coltivazione, all’allevamento o alla silvicoltura, e limitatamente ai corrispettivi derivanti dalle cessioni di beni agricoli.
Un’ulteriore innovazione ha riguardato le attività eccedenti i limiti previsti dall’articolo 32 TUIR. In precedenza, tali attività dovevano essere tassate secondo i criteri ordinari del reddito d’impresa. Oggi, invece, le società agricole che hanno optato per il regime catastale possono applicare un regime forfetario anche a queste attività, in alternativa alla tassazione contabile, secondo quanto previsto dal riformulato articolo 56-bis del TUIR.

Rimane tuttavia fondamentale il rispetto del requisito dell’esclusività agricola. In tal senso, la partecipazione in altre società resta un elemento delicato. La normativa chiarisce che la detenzione di partecipazioni non pregiudica la qualifica agricola solo se la partecipata è anch’essa una società agricola che svolge esclusivamente attività agricole e se i dividendi percepiti dalla partecipazione sono inferiori ai ricavi agricoli realizzati direttamente dalla partecipante. In assenza di uno di questi due presupposti, la società perde la qualifica agricola e con essa il diritto all’opzione catastale.
Per esercitare validamente l’opzione per la tassazione catastale a partire dal periodo d’imposta 2024, la società deve essere in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi fin dall’inizio dell’anno. La scelta va comunicata attraverso la dichiarazione IVA 2025, oppure, per i soggetti esonerati, nella dichiarazione dei redditi. L’opzione ha durata triennale e si rinnova automaticamente, salvo rinuncia espressa o perdita dei requisiti.

L’adozione del regime catastale può risultare particolarmente vantaggiosa per le società agricole che realizzano ricavi effettivi superiori ai redditi determinabili catastalmente e che non prevedono di sostenere costi rilevanti o di generare plusvalenze da cessioni di beni strumentali acquistati prima dell’ingresso nel regime. Tuttavia, la scelta richiede sempre un’attenta analisi preliminare, perché, in presenza di costi elevati o redditi contenuti, il regime catastale può risultare economicamente svantaggioso.
La riforma del 2024 ha dunque segnato un’evoluzione significativa nella disciplina fiscale delle società agricole, rendendo il regime catastale accessibile a un numero più ampio di soggetti e aggiornandolo alle nuove esigenze dell’agricoltura moderna. Resta però imprescindibile che le società interessate si dotino di una consulenza adeguata per valutare caso per caso la reale convenienza dell’opzione e per garantire il corretto rispetto di tutti i requisiti normativi.