In più occasioni ho avuto il piacere di affrontare il concetto di “bilateralità”, un pilastro innovativo nelle relazioni industriali. Questo modello si basa sulla concertazione delle parti sociali per promuovere il benessere nelle aziende, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone che vivono e lavorano in questi contesti. Il benessere dei lavoratori, sia fisico che psicologico, ha un impatto diretto sul successo dell’impresa: un dipendente soddisfatto e motivato, infatti, contribuisce a incrementare la produttività, traducendosi in un vantaggio economico per l’azienda stessa.
C’è però un elemento ancora più profondo da esplorare in questo contesto: la solidarietà. Questa parola, spesso usata nei discorsi e nelle teorie, è di per sé nobile e trasversale, ma non sempre riesce a tradursi in azioni concrete. È qui che entra in gioco il ruolo degli enti bilaterali, dove il concetto solidaristico trova piena espressione. Il funzionamento di questi enti si basa su una logica inclusiva: tutti i lavoratori contribuiscono con un piccolo contributo mensile stabilito dalla contrattazione collettiva, ma i benefici vengono destinati principalmente a chi vive situazioni di maggiore difficoltà.
Un esempio pratico di solidarietà operativa riguarda i pendolari. Per raggiungere il luogo di lavoro, molti di loro affrontano giornalmente non solo lunghe distanze e orari impegnativi, ma anche costi significativi legati ai mezzi di trasporto. Gli enti bilaterali intervengono spesso per ridurre questo disagio, offrendo rimborsi per le spese di viaggio. In questo modo, si contribuisce a eliminare una disparità tra lavoratori della stessa azienda, mettendo tutti sullo stesso piano, indipendentemente dalla loro distanza dal luogo di lavoro.
Questo approccio non si limita a un supporto materiale, ma rappresenta un messaggio forte: il benessere di ciascun lavoratore è una priorità collettiva. La solidarietà diventa così il cuore pulsante della bilateralità, trasformando un contributo obbligatorio in un meccanismo di equità e supporto sociale. Questo modello può essere preso come esempio per creare un sistema economico più giusto, dove le aziende non si limitano a massimizzare i profitti, ma assumono anche un ruolo di responsabilità sociale.
La bilateralità, quindi, non è solo una nuova frontiera per le relazioni industriali, ma una pratica che unisce produttività, inclusione e solidarietà, offrendo un concreto sostegno alle persone e rendendo migliore l’ambiente lavorativo per tutti.