Il debito USA è a 33 mila miliardi. Le borse sono in calo e le proteste anti-Trump con conseguenti tensioni globali sono in aumento.
Le borse mondiali continuano a registrare perdite consistenti, in un clima di crescente incertezza economica e politica. Particolarmente colpita è Piazza Affari, che ha ormai bruciato interamente la capitalizzazione guadagnata nei primi mesi dell’anno, riportando l’indice ai livelli di inizio 2024.
Parallelamente, si moltiplicano le manifestazioni contro Donald Trump in tutto il mondo, con epicentro negli Stati Uniti. Le piazze americane sono attraversate da una nuova ondata di proteste che denunciano una politica percepita come destabilizzante e scollegata dalle reali esigenze della popolazione.
Il timore che aleggia è quello di una recessione globale, che alimenta tensioni nei mercati e tra le potenze economiche. In questo scenario, una domanda s’impone: perché Donald Trump appare così determinato a perseguire il proprio progetto politico ed economico, nonostante le reazioni negative?
Una delle risposte potrebbe trovarsi nei numeri allarmanti del debito pubblico statunitense, che dalla crisi finanziaria del 2007 ha continuato a crescere senza sosta.

Attualmente, il debito ha superato i 33 mila miliardi di dollari, con un rapporto debito/PIL pari al 100%, il più alto dopo quello del Giappone.
Preoccupa inoltre il fatto che gran parte di questo debito sia detenuto proprio da Cina e Giappone, due potenze con cui gli Stati Uniti hanno rapporti economici sempre più tesi. Questa dipendenza finanziaria potrebbe rappresentare una minaccia strategica per la sovranità economica americana, e spiegare l’urgenza con cui Trump cerca di riprendere il controllo.
Dietro la retorica del “nuovo sogno americano”, dietro gli slogan patriottici e le promesse di rinascita, potrebbe celarsi un timore ben più concreto: la perdita di controllo dell’indebitamento pubblico, che secondo le stime potrebbe raggiungere il 133% del PIL entro due anni, spingendo l’economia americana verso territori inesplorati e pericolosi.
In questo contesto complesso e delicato, la leadership americana si trova di fronte a una sfida cruciale: gestire un’economia sull’orlo della crisi senza compromettere ulteriormente la stabilità globale.
E’ il momento dunque che il governo punti a un negoziato.