ISTRUZIONE E RICERCA: MOTORI DI CRESCITA E INNOVAZIONE PER LE AZIENDE. PER CO.N.A.P.I. NAZIONALE LA RICERCA CON IL CENTRO STUDI È AL SERVIZIO DELLE IMPRESE.
Continua a leggereLA Co.N.A.P.I. NAZIONALE PREOCCUPATA PER LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DI EVENTUALI DAZI PER L’UE
LA Co.N.A.P.I. NAZIONALE MANIFESTA GRAVE PREOCCUPAZIONE PER LE RIPERCUSSIONI ECONOMICHE DEI POSSIBILI DAZI ANNUNCIATI DAGLI STATI UNITI. I SETTORI CHIAVE DELL’ ECONOMIA ITALIANA, COME L’EXPORT, LA MODA E L’ INDUSTRIA ALIMENTARE, RISCHIANO DI ESSERE FORTEMENTE DANNEGGIATI DA QUESTE DECISIONI PROTEZIONISTICHE.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha recentemente annunciato l’intenzione di imporre dazi del 25% sui prodotti europei, sostenendo che l’Unione Europea sia stata creata per “fregare gli Stati Uniti” . Questa dichiarazione ha scatenato preoccupazioni nei mercati finanziari europei, con borse in calo e timori diffusi tra gli investitori.
L’Italia, il cui export rappresenta circa il 40% del PIL, potrebbe subire ripercussioni significative da tali misure protezionistiche. Settori chiave come il Made in Italy, l’industria alimentare e la moda sono particolarmente esposti a queste potenziali tariffe . La Confederazione Nazionale Artigiani e Piccoli Imprenditori ( Co.N.A.P.I. Nazionale ) esprime preoccupazione, definendo l’annuncio di Trump “un attacco alle imprese e al lavoro ” e sottolinea il rischio di una “deindustrializzazione del nostro continente” .

La Commissione Europea ha dichiarato che l’UE “reagirà in modo fermo e immediato alle barriere ingiustificate al commercio libero ed equo” . Il vicepresidente della Commissione, Stéphane Séjourné, ha aggiunto che “gli ostacoli al commercio equo sono ingiustificati, soprattutto tra partner commerciali” .
Questa situazione evidenzia la necessità di soluzioni diplomatiche per evitare una guerra commerciale che potrebbe danneggiare entrambe le economie. È auspicabile che le parti coinvolte si concentrino su un dialogo costruttivo per risolvere le tensioni attuali e affrontare insieme sfide globali come la tutela dell’ambiente e la promozione della giustizia sociale.
SAG AWARDS 2025: VINCITORI E LOOK DA NON PERDERE
I SAG AWARDS 2025 HANNO CELEBRATO LE MIGLIORI PERFORMANCE DEL CINEMA E DELLA TV CON UN RED CARPET RICCO DI LOOK INDELEBILI. TRA I VINCITORI, SPICCANNO ARIANA GRANDE, ADRIEN BRODY. MA NON SOLO, ANCHE LE STAR HANNO FATTO LA LORO PARTE CON OUTFIT SOFISTICATI, DA ARIANA IN LOEWE A KEKE PALMER IN CHANEL, DIMOSTRANDO CHE IL FASCINO DEL PASSATO INCONTRA LA MODERNITÀ SUL RED CARPET.
I Screen Actors Guild Awards (SAG Awards) sono prestigiosi riconoscimenti assegnati annualmente dal sindacato degli attori statunitensi SAG-AFTRA (Screen Actors Guild‐American Federation of Television and Radio Artists). Questi premi celebrano le migliori interpretazioni nel mondo del cinema e della televisione.
L’edizione 2025, la 31ª nella storia del premio, si è svolta il 23 febbraio presso lo Shrine Auditorium di Los Angeles ed è stata trasmessa in diretta su Netflix. Durante la serata, sono stati premiati attori e cast che si sono distinti nel corso dell’anno.
II SAG Awards sono sempre un’occasione per vedere look spettacolari sul red carpet! Solitamente, le star sfoggiano abiti firmati da grandi stilisti come Versace, Valentino, Dior, Chanel e Gucci.

La cantante e attrice Ariana Grande, premiata come migliore attrice non protagonista per Wicked, ha incantato il red carpet con un look fiabesco e sofisticato. Ha scelto un abito su misura firmato Loewe, caratterizzato da un delicato rosa pallido e impreziosito da eleganti applicazioni floreali in 3D, che donavano un effetto etereo e romantico. L’outfit, chiaramente ispirato al suo ruolo di Glinda in Wicked, evocava un’aura magica e sognante, con un design voluminoso e dettagli curati nei minimi particolari. Il tessuto leggero e fluttuante accentuava la sua silhouette con grazia, mentre i fiori applicati aggiungevano un tocco incantato, perfettamente in linea con il personaggio che interpreterà sul grande schermo. A completare il look, gioielli discreti e un’acconciatura raffinata, che lasciavano spazio all’eleganza senza tempo dell’abito. Un’apparizione che ha reso Ariana Grande una delle protagoniste più ammirate della serata.
Cynthia Erivo e Keke Palmer hanno dimostrato come la moda vintage possa essere reinterpretata con eleganza e personalità, trasformando pezzi d’archivio in vere dichiarazioni di stile.

Cynthia Erivo ha brillato in un abito total silver firmato Givenchy, recuperato direttamente dall’archivio della maison francese e risalente al 1997. Il look metallizzato, perfettamente in linea con il suo stile audace, è stato esaltato da un make-up scintillante curato da Charlotte Tilbury Beauty, con palpebre luminose che riflettevano la luce e unghie XL cromate, ormai sua firma distintiva nel beauty. Keke Palmer ha scelto un’elegante creazione vintage di Chanel del 1985, riportando sotto i riflettori un autentico gioiello della moda. Il look sofisticato è stato impreziosito da un’interpretazione glamour del beauty: il suo caschetto ramato, perfettamente scolpito, era abbinato a sensuali labbra rosse effetto velluto, per un risultato seducente e senza tempo. Entrambe hanno dimostrato che il fascino del passato, se abbinato a dettagli contemporanei, può ancora stupire e conquistare i riflettori del red carpet. Sarah Jessica Parker , con un look sofisticato e scintillante e perfettamente in linea con il suo stile elegante e senza tempo, ha scelto un abito luminoso e ricoperto di dettagli brillanti, che catturava la luce con ogni movimento, esaltando la sua naturale raffinatezza. Per aggiungere un tocco di contrasto e struttura all’outfit, ha sovrapposto un cappotto nero dal taglio impeccabile, un elemento che donava un’aria sofisticata e avvolgente alla sua presenza. A completare il look, un paio di pumps nere firmate Dolce & Gabbana, che aggiungevano un tocco classico e femminile.

Monica Barbaro , con un’eleganza naturale e sofisticata, ha incarnato alla perfezione il concetto di “less is more”, indossando un lungo abito rosso Dior. I suoi capelli, acconciati in onde fluenti e leggere, cadevano morbidamente lungo la schiena, donandole un’aria eterea e raffinata. Il make-up, delicato e luminoso, metteva in risalto la sua bellezza naturale: un incarnato radioso, ciglia incurvate che enfatizzavano lo sguardo e tonalità neutre per un effetto fresco e sofisticato. Un beauty look essenziale, ma incredibilmente chic, che ha confermato ancora una volta come la semplicità possa essere la chiave dell’eleganza assoluta.
Ancora in Dior Nicola Coughlan, star di Bridgerton, che ha incantato il red carpet con un look dal fascino rétro, ispirato all’eleganza senza tempo degli anni ‘50. L’attrice ha scelto un raffinato abito a corolla firmato Dior, caratterizzato da una silhouette strutturata con vita stretta e gonna ampia, che enfatizzava il suo stile romantico e sofisticato. A completare l’ensemble, un paio di guanti lunghi in pelle, un dettaglio iconico che aggiungeva un tocco di classe e raffinatezza, esaltando l’allure vintage dell’outfit.

Premi assegnati per la parte cinematografica:
Miglior attore protagonista: Adrien Brody per The Brutalist
Miglior attrice protagonista: Demi Moore per The Substance
Miglior attore non protagonista: Colman Domingo per Sing Sing
Miglior attrice non protagonista: Ariana Grande per Wicked
Miglior cast cinematografico: Emilia Pérez
Premi assegnati per la parte televisiva:
Miglior attore in una serie drammatica: Hiroyuki Sanada per Shōgun
Miglior attrice in una serie drammatica: Keri Russell per The Diplomat
Miglior attore in una serie comica: Jeremy Allen White per The Bear
Miglior attrice in una serie comica: Quinta Brunson per Abbott Elementary
Miglior cast in una serie drammatica: Shōgun
Miglior cast in una serie comica: The Bear
INVESTIRE NELLE AREE INTERNE: STRATEGIE PER CONTRASTARE LO SPOPOLAMENTO E FAVORIRE LO SVILUPPO.
PRONTO IL QUESTIONARIO DEL CENTRO STUDI E RICERCHE DI Co.N.A.P.I. NAZIONALE
Le aziende che possono investire nelle zone interne per favorire lo sviluppo economico e ridurre l’isolamento, sono quelle che valorizzano le risorse locali e sfruttano incentivi statali ed europei. Alcuni settori particolarmente adatti includono: Agroalimentare e Agritech cioè sono tutte le aziende agricole innovative che puntano su coltivazioni biologiche, produzioni a km 0 e trasformazione di prodotti locali, come anche le imprese di agritech che introducono tecnologie per migliorare la produttività e la sostenibilità. Poi abbiamo Turismo Sostenibile e Ospitalità, cioè strutture ricettive come agriturismi, alberghi diffusi, B&B, che valorizzano le tradizioni e l’ambiente naturale. Startup che sviluppano App e servizi per il turismo esperienziale come escursioni, enogastronomia, storia e cultura. Fari puntati anche su settori specifici come Energia Rinnovabile che non sono altro che aziende specializzate in impianti eolici, solari e biomasse per sfruttare le risorse naturali locali le quali potrebbero aiutare a sviluppare le Comunità energetiche per l’autosufficienza delle zone rurali. Molto importanti sono le industrie manifatturiera e artigianato, cioè quelle imprese che rilanciano l’artigianato tradizionale con tecnologie moderne come l’e-commerce e stampa 3D.

Aziende che investono nella lavorazione di materiali locali legno, pietra, tessuti. Anche la Tecnologia e Smart Working avrebbero un ruolo determinante per le aree interne attraverso le startup e aziende di servizi digitali che permettono il lavoro da remoto, incentivando il ripopolamento delle aree interne. Si sta anche sempre più diffondendo il cosiddetto “Coworking e hub tecnologici” per attrarre professionisti e imprenditori. Coworking e hub tecnologici sono due concetti legati al lavoro condiviso e all’innovazione, particolarmente utili per le zone interne che vogliono attrarre professionisti e imprese. Infatti il Coworking è uno spazio di lavoro condiviso dove liberi professionisti, startup e aziende possono affittare postazioni o uffici temporanei. Offre numerosi vantaggi: riduzione dei costi rispetto a un ufficio tradizionale, networking con altri professionisti e possibilità di collaborazioni, flessibilità negli orari e nelle modalità di utilizzo e servizi inclusi come Wi-Fi, sale riunioni, aree relax e formazione. Mentre gli Hub Tecnologici sono centri dedicati all’innovazione e allo sviluppo di nuove tecnologie ed offrono: spazi per startup e aziende tech, con laboratori e attrezzature avanzate, mentorship e formazione per supportare l’imprenditorialità, l’accesso a finanziamenti e investitori per sviluppare progetti innovativi e collaborazione con università e centri di ricerca.

Nelle zone interne, coworking e hub tecnologici possono attirare smart workers e startup, contrastando lo spopolamento e favorendo la crescita economica. Per quanto riguarda la promozione e lo sviluppo delle zone interne per ridurre il loro isolamento, sono disponibili diversi incentivi per le imprese che decidono di investire in queste aree. Le principali agevolazioni sono il Credito d’Imposta per Investimenti nelle Zone Economiche Speciali (ZES), le quali sono aree geografiche con regimi fiscali vantaggiosi per attrarre investimenti. Le imprese che effettuano investimenti in queste zone possono beneficiare di un credito d’imposta fino al 100% dell’importo investito, con un limite massimo di 100 milioni di euro per progetto. Questo incentivo copre l’acquisto di macchinari, impianti, attrezzature e immobili strumentali. La Legge di Bilancio 2025 ha confermato e ampliato queste agevolazioni per le ZES del Mezzogiorno, tra cui la Campania. Poi si potrebbe fare ricorso al cosiddetto Fondo per la Transizione Industriale, che è gestito dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), questo fondo sostiene le imprese che investono in tecnologie green e digitali. Nel 2025, sono stati stanziati 500 milioni di euro, con una riserva del 40% destinata alle regioni meno sviluppate, tra cui la Campania. Le agevolazioni sono erogate tramite Contratti di Sviluppo, focalizzati su settori in transizione come l’automotive e le filiere produttive strategiche.

Per i Contributi a Fondo Perduto per le Aree Interne vi è il Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali nelle aree interne che prevede contributi a fondo perduto per le micro e piccole imprese. Questi contributi mirano a supportare iniziative che favoriscono lo sviluppo locale e la coesione sociale. Le modalità di accesso e i termini per la presentazione delle domande sono definiti annualmente. Abbiamo gli incentivi Regionali della Campania che offre ulteriori agevolazioni per le imprese che investono nelle zone interne, tra cui: Pacchetti Localizzativi vale a dire incentivi per l’insediamento di nuove attività produttive. Sostegno all’Innovazione: contributi per progetti di ricerca e sviluppo, di seguito le agevolazioni per l’Internazionalizzazione, come il supporto per l’accesso ai mercati esteri. Si consiglia alle imprese interessate di monitorare costantemente i bandi e le opportunità pubblicate sia a livello nazionale che regionale, poiché le condizioni e le scadenze degli incentivi possono variare nel tempo. Le imprese che investono nelle zone interne possono accedere a fondi europei (PNRR, PSR), incentivi fiscali e agevolazioni per la creazione di posti di lavoro. Ed è proprio in questo ampio panorama che il Centro Studi e Ricerca di Co.N.A.P.I. Nazionale diretto dal dottor Antonio Zizza, è in procinto di sviluppare un questionario dedicato alle risorse delle aree interne che potrebbero essere messe a disposizione delle aziende che intendono investire in determinati ambiti territoriali, con un duplice obiettivo che prevede da una parte l’ampliamento delle risorse aziendali parallelamente all’occupazione e dall’altra aiutare le cosiddette aree interne ad uscire dall’isolamento che da anni subiscono.
L’APPARTENENZA: UN LEGAME INDISSOLUBILE
L’APPARTENENZA È UN LEGAME PROFONDO E VOLONTARIO CHE UNISCE L’INDIVIDUO A UN GRUPPO, UNA COMUNITÀ O UN’IDEA, RICHIEDENDO COERENZA, LEALTÀ E IMPEGNO. È UN’ESPERIENZA CHE SI COSTRUISCE GIORNO DOPO GIORNO, AFFRONTANDO INSIEME LE SFIDE E DIFENDENDO I VALORI COMUNI.
Il concetto di appartenenza è un aspetto fondamentale della vita umana. Esso rimanda all’idea di sentirsi parte di un gruppo, di una comunità, di un’idea o di un’ideologia. L’appartenenza non è semplicemente un fatto esterno, ma una scelta consapevole che crea un legame profondo e indissolubile con ciò che si decide di abbracciare.
Quando si sceglie di appartenere a qualcosa – che sia un gruppo sociale, una comunità, un’organizzazione o un’idea – si accetta di farne parte nel bene e nel male. Non si può decidere di essere parte di un gruppo solo quando le circostanze sono favorevoli o quando conviene. Al contrario, l’appartenenza richiede coerenza, lealtà e un senso di responsabilità che deve essere difeso e rivendicato sempre.
Far parte di un gruppo significa condividere valori, ideali e obiettivi comuni. Questo implica sostenerlo nei momenti di difficoltà, senza prendere le distanze alla prima critica o al primo ostacolo.

Ad esempio, immaginate un dipendente di un’azienda che, dopo aver scelto di lavorare in quel contesto, alla prima occasione di critiche o problemi si dissocia dall’organizzazione e prende le distanze dalle sue responsabilità. Questo comportamento non solo danneggia l’immagine dell’azienda, ma trasmette un messaggio di slealtà e incoerenza a chi osserva dall’esterno.
Non c’è atteggiamento peggiore che “sputare nel piatto dove si mangia”. Questa espressione popolare sottolinea l’importanza di riconoscere e valorizzare ciò di cui si fa parte, evitando di screditare il gruppo o l’organizzazione da cui si trae beneficio. Chi adotta un simile comportamento rischia di perdere credibilità, di essere screditato e isolato non solo dal gruppo di appartenenza, ma anche dalla società in generale.
L’appartenenza non deve essere vista come un vincolo imposto, ma come un impegno scelto liberamente, che porta con sé un senso di identità e di realizzazione personale. Solo attraverso la coerenza, la lealtà e la difesa costante dei valori condivisi, l’appartenenza diventa un’esperienza arricchente e costruttiva per il singolo e per la collettività.
MINDFULNESS E ARTE-TERAPIA: VISITARE I MUSEI RIDUCE ANSIA E STRESS
RICERCHE RECENTI DIMOSTRANO CHE VISITARE I MUSEI PUÒ RIDURRE SIGNIFICATIVAMENTE LO STRESS E L’ANSIA, GRAZIE ALLA STIMOLAZIONE DI AREE CEREBRALI COINVOLTE NEL BENESSERE EMOTIVO. L’ESPERIENZA MUSEALE, SIMILE ALLA MEDITAZIONE, FAVORENDO UN RILASSAMENTO MENTALE CHE AIUTA A MIGLIORARE LA CONCENTRAZIONE E L’UMORE, MENTRE L’ARTE EMERGE COME STRUMENTO TERAPEUTICO PER IL BENESSERE PSICOFISICO.
Negli ultimi anni, sempre più ricerche scientifiche hanno evidenziato il legame tra arte e benessere psicofisico. Uno degli studi più recenti, condotto dagli studiosi dell’Università Statale e della Bicocca di Milano, ha coinvolto circa 400 persone e ha dimostrato che visitare un museo, come la Galleria d’Arte Moderna o il Museo di Storia Naturale, può avere un impatto significativo sulla riduzione dello stress. L’esperienza museale stimola diverse aree cerebrali, contribuendo a un generale senso di rilassamento e benessere. Studi in neuroscienze hanno dimostrato che l’osservazione di opere d’arte attiva il sistema limbico, responsabile delle emozioni, e riduce i livelli di cortisolo, noto come l’ormone dello stress. Questo meccanismo è simile a quello della meditazione e delle pratiche di mindfulness, che aiutano a calmare la mente e a migliorare la concentrazione. Visitare un museo implica un’esperienza di contemplazione e rallentamento rispetto ai ritmi frenetici della vita quotidiana. Immergersi nelle opere d’arte permette di distogliere l’attenzione dai problemi e dai pensieri negativi, favorendo uno stato di mindfulness spontaneo. Questo processo aiuta a ridurre l’ansia, migliorare l’umore e promuovere il benessere mentale. Non è un caso che sempre più studi confermino l’importanza dell’arte nella prevenzione e nel trattamento di disturbi legati allo stress e all’ansia. Alcuni ospedali e cliniche hanno iniziato a integrare percorsi di arteterapia nei programmi di supporto psicologico, riconoscendo il potenziale della fruizione artistica come complemento alle terapie tradizionali.

L’arteterapia nasce dall’incontro tra arte e psicologia, sviluppandosi nel corso del XX secolo come disciplina strutturata. Tuttavia, l’idea che l’arte abbia un valore terapeutico è molto più antica e affonda le sue radici nelle pratiche rituali e simboliche delle civiltà primitive. Fin dall’antichità, l’arte è stata utilizzata come strumento per esprimere emozioni, elaborare eventi traumatici e connettersi con la spiritualità. Le pitture rupestri, le danze tribali e le sculture totemiche avevano spesso una funzione terapeutica e comunicativa. L’arteterapia come disciplina moderna nasce dall’evoluzione della psicoanalisi e dall’interesse degli studiosi per i processi creativi come espressione dell’inconscio. Tra la fine del XIC secolo e l’inizio del XX Sigmud Freud teorizzò che le immagini e i simboli dell’inconscio potessero emergere attraverso l’arte, mentre Carl Gustav Jung approfondì il concetto di immagini archetipiche, suggerendo che il disegno e la pittura potessero rivelare aspetti profondi della psiche. O ancora Margaret Naumburg, artista, educatrice e psicologa americana, considerata la ‘madre dell’arteterapia’, introdusse l’arte come strumento terapeutico negli Stati Uniti, sottolineando come la creazione artistica potesse essere un’estensione del pensiero inconscio. Creò programmi in cui i pazienti esprimevano le proprie emozioni attraverso il disegno e la pittura. Fu poi negli anni ’70 che divenne una pratica consolidata in ambito clinico e riabilitativo, fino ad essere riconosciuta oggi come terapia a tutti gli effetti.

Le istituzioni culturali possono essere incisive in questo contesto sviluppando programmi e iniziative che promuovano il benessere attraverso l’arte. Ad esempio, organizzando visite guidate immersive, laboratori esperienziali e percorsi sensoriali dedicati al rilassamento e alla meditazione. Inoltre potrebbero collaborare con professionisti del settore sanitario per creare programmi di arteterapia accessibili a tutti. E spesso questo avviene!
Valorizzando il proprio patrimonio in chiave terapeutica, i musei e le istituzioni culturali non solo ampliano il proprio pubblico, ma rafforzano anche il loro ruolo sociale, trasformandosi in luoghi di cura e crescita personale oltre che di conservazione e studio.
In questo contesto, sia la persona che l’arte traggono beneficio grazie a un circolo virtuoso tra benessere e cultura. Più persone frequentano i musei per il loro valore terapeutico, più queste istituzioni vedono aumentare la loro rilevanza sociale. Questo porta a un maggiore coinvolgimento del pubblico, una crescita degli investimenti nella cultura e una valorizzazione continua del patrimonio artistico. L’arte, per sua natura, vive attraverso l’osservazione e l’interazione con il pubblico: un’opera non vista è un’opera dimenticata. Questo meccanismo crea una relazione vantaggiosa per entrambi: le persone trovano nell’arte uno strumento di benessere, mentre i musei e le opere d’arte ricevono maggiore attenzione e cura, diventando non solo spazi di conservazione, ma anche di esperienza e trasformazione personale.
INTRODOTTE DUE IMPORTANTI MODIFICHE PER I CONTRATTI A TERMINE
LA LEGGE N. 203/2024, CONOSCIUTA COME “COLLEGATO LAVORO”, INTRODUCE DUE SIGNIFICATIVE MODIFICHE SUI CONTRATTI A TERMINE: LA RIDEFINIZIONE DELLE ATTIVITÀ STAGIONALI E LA NUOVA REGOLAMENTAZIONE DEL CALCOLO DEL PERIODO DI PROVA NEI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO. QUESTI CAMBIAMENTI OFFRONO MAGGIORE CHIAREZZA E SEMPLIFICAZIONE PER I DATORI DI LAVORO E I LAVORATORI.
La Legge n. 203/2024, denominata “Collegato Lavoro”, introduce due modifiche fondamentali in materia di contratti a termine: la ridefinizione delle attività stagionali e la regolamentazione del calcolo del periodo di prova nei contratti a tempo determinato.
- Interpretazione Autentica delle Attività Stagionali
L’interpretazione autentica riguarda l’articolo 21 del D.Lgs. n. 81/2015, chiarendo la definizione delle attività stagionali. L’importanza di tale definizione deriva dal fatto che i contratti a termine stipulati per attività stagionali beneficiano di diverse esenzioni rispetto alla disciplina ordinaria:
Esclusione dalla durata massima complessiva (art. 19, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015);
Esclusione dal limite percentuale di lavoratori a termine (art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015);
Esenzione dall’obbligo della causale (art. 21, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).
L’articolo 11 del Collegato Lavoro stabilisce che rientrano nelle attività stagionali:
Quelle individuate dal D.P.R. n. 1525/1963;
Quelle connesse all’intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno;
Quelle legate a esigenze tecnico-produttive o ai cicli stagionali dei mercati serviti dall’impresa, purché previste dai contratti collettivi sottoscritti ai sensi dell’articolo 51 del D.Lgs. n. 81/2015.
L’INPS, con il messaggio n. 483 del 7 febbraio 2025, ha chiarito che i lavoratori assunti per attività stagionali definite dall’interpretazione autentica sono esentati dal contributo addizionale NASpI del 1,40% e dall’incremento dello 0,50% per ciascun rinnovo, ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della Legge n. 92/2012.
Tuttavia, è importante sottolineare che tale normativa non si applica ai contratti a termine o stagionali di ex dipendenti, escludendo quindi il personale già precedentemente impiegato nella stessa azienda.

- Modalità di Calcolo del Periodo di Prova nei Contratti a Termine
L’altra modifica riguarda il calcolo del periodo di prova nei contratti a tempo determinato, modificando l’articolo 7 del D.Lgs. n. 104/2022 (decreto Trasparenza). Il nuovo criterio stabilisce che il periodo di prova sia calcolato con un giorno di effettiva prestazione ogni 15 giorni di calendario.
Durata del periodo di prova:
Per contratti fino a sei mesi: da un minimo di due giorni a un massimo di quindici giorni;
Per contratti tra sei e dodici mesi: massimo trenta giorni.
Il legislatore non ha previsto alcuna differenziazione per le mansioni, aspetto che potrebbe causare contenziosi. La giurisprudenza ha sottolineato che un periodo di prova troppo breve potrebbe impedire al lavoratore di dimostrare adeguatamente le proprie competenze, specialmente in ruoli complessi.
Le modifiche introdotte dal Collegato Lavoro mirano a chiarire e semplificare alcuni aspetti della disciplina dei contratti a termine. Tuttavia, la mancata differenziazione del periodo di prova in base alle mansioni potrebbe generare conflitti giuridici. Inoltre, l’interpretazione autentica delle attività stagionali conferisce maggiore certezza giuridica ai datori di lavoro, garantendo al contempo alcune agevolazioni contributive
L’OLIGARCHIA FINANZIARIA: UN BENE O UN PERICOLO?
LE BANCHE, UN TEMPO PILASTRI DELL’ ECONOMIA LOCALE, OGGI RISCHIANO DI DIVENTARE STRUMENTO DI DOMINIO PER POCHI COLOSSI FINANZIARI. L’OLIGARCHIA FINANZIARIA: UNA RISORSA PER TUTTI O UN PERICOLO PER IL FUTURO?
Le banche sono tra le istituzioni più potenti al mondo, e la loro forza risiede in un meccanismo semplice ma efficace: utilizzare il denaro dei risparmiatori per i propri investimenti. In teoria, il sistema bancario dovrebbe essere un motore dell’economia, garantendo credito a famiglie e imprese, sostenendo la crescita e favorendo l’innovazione. Tuttavia, negli ultimi vent’anni, abbiamo assistito a un fenomeno sempre più evidente: una concentrazione senza precedenti del potere bancario a livello globale.
I piccoli istituti stanno scomparendo, assorbiti da colossi finanziari che diventano sempre più grandi e dominanti. Oggi, le principali banche mondiali si contano sulle dita di una mano e continuano a rafforzarsi, spesso con il tacito consenso della politica. Questo porta inevitabilmente a una riflessione: questa oligarchia finanziaria è un vantaggio per tutti o rappresenta un pericolo?
In un mondo dove tutto è tracciato e l’uso del contante è sempre più limitato, la libertà di scelta dei cittadini sulla gestione del proprio denaro si riduce drasticamente. Se il capitale è obbligatoriamente depositato in banca e le alternative sono sempre meno, allora non si tratta più di una raccolta basata su un’offerta di interessi competitiva, ma di un sistema imposto a vantaggio di pochi.

I grandi gruppi bancari, grazie alla loro posizione dominante, non solo decidono le condizioni di accesso al credito, ma influenzano direttamente l’intero mercato finanziario e, indirettamente, la politica economica degli stati.
Un tempo, le banche avevano una funzione anche sociale: aiutavano l’economia locale, finanziavano le piccole imprese, sostenevano le famiglie nell’acquisto della casa, permettevano ai giovani di investire nel proprio futuro. Oggi questa missione sembra sempre più lontana. I criteri di concessione dei prestiti sono sempre più rigidi e selettivi, spesso orientati più alla sicurezza degli istituti che al sostegno dello sviluppo economico reale.
Se il sistema bancario diventa esclusivamente un business per massimizzare i profitti, chi si occuperà di garantire il credito a chi ne ha realmente bisogno? Dovrà intervenire lo Stato? E se sì, con quali strumenti? Creando banche pubbliche? Regolamentando in modo più stringente il settore finanziario?
Un aspetto che non si può ignorare è che, in un contesto di oligarchia finanziaria, chi possiede grandi capitali ha sempre più vantaggi, mentre chi ne ha meno si trova in difficoltà. Le piccole e medie imprese, che costituiscono il tessuto economico di molti paesi, fanno sempre più fatica ad accedere al credito, mentre le multinazionali possono godere di condizioni finanziarie estremamente vantaggiose grazie ai loro rapporti privilegiati con le grandi banche.

Inoltre, la speculazione finanziaria ha preso il sopravvento sull’economia reale. Sempre più risorse vengono indirizzate verso operazioni speculative piuttosto che verso investimenti produttivi. Questo fenomeno non fa altro che aumentare le disuguaglianze e ridurre le possibilità di crescita per chi parte da una posizione di svantaggio.
Le domande rimangono molte e le risposte non sono semplici. Ma alcune riflessioni sono inevitabili:
• È giusto che il sistema bancario sia sempre più concentrato nelle mani di pochi?
• Esiste un punto di equilibrio tra il profitto degli istituti e il benessere collettivo?
• Lo Stato dovrebbe intervenire per riequilibrare il sistema o rischierebbe di distorcere il mercato?
Quello che è certo è che il mondo finanziario ha un potere enorme e, se lasciato senza regole, rischia di trasformarsi in un sistema chiuso e autoreferenziale, dove la ricchezza si concentra nelle mani di pochi e le opportunità per gli altri diminuiscono sempre di più. Se la funzione sociale delle banche è scomparsa, chi si prenderà cura di sostenere l’economia reale? Forse è arrivato il momento di chiedersi se vogliamo che la finanza sia uno strumento al servizio della società o se, al contrario, dobbiamo accettare di essere noi al servizio della finanza.
SIGLATO L’ATTO FORMALE DI FORMAINTESA PER LA FORMAZIONE CONTINUA DI IMPRENDITORI E LAVORATORI, ISTITUITO DALLA Co.N.A.P.I. NAZIONALE E CONFINTESA.
SODDISFATTO IL PRESIDENTE DI Co.N.A.P.I. NAZIONALE BASILIO MINICHIELLO E IL SEGRETARIO GENERALE DI CONFINTESA FRANCESCO PRUDENZANO.
Venerdì 21 febbraio a Roma è stato sottoscritto l’atto costitutivo del Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua nel comparto della Sanità privata e estendendolo ad altri settori. Il Fondo prende il nome di FORMAINTESA e nasce per volontà del Presidente di CO.N.A.P.I. Nazionale, Basilio Minichiello e del Segretario di Confintesa Francesco Prudenzano che hanno sottoscritto l’Atto alla presenza del notaio Luca Rossano.
Il Fondo, costituito ai sensi dell’art. 118 della Legge 23 dicembre 2000 n.388 , nasce al fine di promuovere la formazione professionale continua, per perseguire gli obiettivi di maggiore competitività delle imprese, della valorizzazione delle risorse umane e della crescita delle capacità professionali dei lavoratori. La costituzione del Fondo interprofessionale consolida e rafforza le sinergie tra le Parti Sociali e attua le volontà già espresse dalle stesse nell’accordo interconfederale sottoscritto il 6 luglio 2023, successivamente integrato dall’accordo interconfederale sottoscritto il 14 gennaio 2025.

FORMAINTESA è un Fondo Interprofessionale Paritetico per la formazione continua, istituito dalla Confederazione Nazionale Artigiani e Piccoli Imprenditori (Co.N.A.P.I. Nazionale) e dalla Confederazione INTESA per l’Autonomia Sindacale (CONFINTESA). Questo fondo è stato creato in conformità alla legge 388 del 2000, che consente alle parti sociali di costituire fondi interprofessionali per finanziare la formazione dei lavoratori dipendenti. I fondi sono alimentati dallo 0,30% del monte retribuzioni accantonato dall’INPS, che le aziende possono destinare al fondo prescelto senza costi aggiuntivi. FORMAINTESA è dedicato alla formazione continua di imprenditori e lavoratori, promuovendo lo sviluppo del capitale umano. Particolare attenzione potrebbe meritare il cosiddetto “conto di rete” che è uno strumento finanziario pensato per le Piccole e Medie Imprese (PMI) e le microimprese che partecipano a un contratto di rete. Questo tipo di conto è progettato per facilitare la gestione finanziaria condivisa tra le aziende aderenti a una rete, promuovendo la collaborazione e l’ottimizzazione delle risorse.

Caratteristiche principali di un conto di rete: è la gestione condivisa che permette alle imprese della rete di operare su un conto comune, facilitando la realizzazione di progetti collettivi e la condivisione delle spese. Poi vi è la trasparenza finanziaria che offre una chiara visione delle entrate e delle uscite legate alle attività della rete, migliorando la trasparenza tra i partner. La rete condivisa permette anche la semplificazione amministrativa, che riduce la burocrazia associata alla gestione di fondi tra diverse entità, centralizzando le operazioni finanziarie. Tra i vantaggi per le PMI e le microimprese, abbiamo l’accesso facilitato al credito: le reti di impresa possono avere una maggiore forza contrattuale nell’ottenere finanziamenti rispetto alle singole aziende. Mentre per la condivisione dei costi, le spese per servizi comuni, come formazione o marketing, possono essere ripartite tra le imprese della rete, riducendo l’onere per ciascuna. Incremento della competitività: la collaborazione in rete consente alle piccole imprese di affrontare progetti più ambiziosi e di competere in mercati più ampi. Per attivare un conto di rete, è necessario che le imprese formalizzino un contratto di rete, definendo obiettivi comuni e modalità operative. Successivamente, possono rivolgersi a istituti bancari che offrono prodotti specifici per le reti di impresa.
I GRANDI VIVONO DOPO
LA GRANDEZZA SPESSO VIENE RICONOSCIUTA SOLO DOPO LA MORTE, QUANDO IL VALORE DELLE PERSONE E DELLE LORO AZIONI EMERGE IN TUTTA LA SUA FORZA. ANCHE SE IL RICONOSCIMENTO PUÒ ESSERE POSTUMO, CIÒ CHE CONTA È VIVERE IN MODO TALE CHE IL NOSTRO PASSAGGIO ABBIA UN IMPATTO DURATURO SULLA SOCIETÀ
La storia ci insegna che la grandezza, spesso, viene riconosciuta solo dopo la morte. Intellettuali, politici, storici, scienziati e figure carismatiche di ogni epoca hanno lasciato un segno indelebile, ma la piena comprensione del loro valore è avvenuta, in molti casi, solo postuma. Questo fenomeno sembra quasi una regola non scritta: bisogna morire per essere apprezzati.
Pensiamo a personaggi come Che Guevara, il rivoluzionario argentino che, da vivo, era visto come un nemico da molti governi e un simbolo da pochi, mentre oggi è un’icona globale del pensiero ribelle e della lotta per la giustizia sociale. Oppure Lenin, che ha plasmato la Russia sovietica e il cui pensiero continua a influenzare il dibattito politico mondiale, nonostante le trasformazioni della storia.
E poi c’è Benito Mussolini, la cui figura continua a dividere l’opinione pubblica: da un lato criticato per il regime fascista, dall’altro oggetto di studi, riscoperto e rivalutato da alcuni come leader capace di visioni politiche innovative. Lo stesso vale per Silvio Berlusconi, il cui ruolo nella politica italiana e nel mondo imprenditoriale è ancora oggi al centro di analisi e discussioni.
Questi uomini non sono scomparsi con la loro morte. Al contrario, la loro influenza continua a modellare la società, il pensiero collettivo e le istituzioni.

La memoria li rende immortali, e spesso il tempo mitizza o ridimensiona le loro gesta, permettendo una rilettura più oggettiva o più idealizzata della loro vita.
Non solo i leader politici o i grandi intellettuali, ma anche persone comuni che hanno saputo lasciare un segno nelle loro comunità, continuano a vivere nel ricordo di chi li ha conosciuti. Un maestro che ha ispirato generazioni di studenti, un medico che ha curato con dedizione, un artista che ha dato voce ai sentimenti di un’epoca: tutti questi individui, se hanno saputo farsi amare e lasciare un’eredità significativa, non vengono mai davvero dimenticati.
Il paradosso è che spesso il riconoscimento più autentico arriva quando la persona non può più goderselo. È quasi una condanna dell’umanità: apprezziamo davvero il valore di qualcuno solo quando ci rendiamo conto di cosa abbiamo perso.
In un’epoca dominata dai social media e dalla comunicazione istantanea, questa dinamica è ancora più evidente. Il ricordo di un grande personaggio viene continuamente alimentato da documentari, libri, film e tributi. La storia è una maestra severa: cancella chi non ha lasciato un segno, ma perpetua chi ha saputo costruire qualcosa di duraturo.
Dunque, sì, in un certo senso bisogna morire per essere apprezzati. Ma il vero obiettivo non è cercare il riconoscimento postumo, bensì vivere in modo tale che il nostro passaggio su questa terra abbia avuto un senso. Essere utili agli altri, lasciare un’idea, un’azione, un’influenza positiva: ecco cosa rende un uomo immortale.