L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul Lavoro, ente pubblico non economico che assicura i lavoratori per le malattie professionali e gli infortuni sul lavoro, riducendo gli incidenti sui luoghi di lavoro, aiutando i lavoratori a rientrare nel mondo del lavoro dopo un infortunio, ha pubblicato i coefficienti utili per il pagamento in quattro rate del premio di autoliquidazione 2024-2025, intendendo per autoliquidazione il versamento diretto di alcune imposte dovute sulla base di un autodichiarazione, senza cioè l’intervento diretto dell’amministrazione finanziaria. I coefficienti sono da moltiplicare per gli importi della seconda, terza e quarta rata dell’autoliquidazione, sulla base del medio di interesse dei titoli di Stato per l’anno 2025 già pubblicato dal Ministero dell’economia e delle Finanze, da utilizzare ai sensi dell’art. 44, comma 3, del DPR n. 1124/1965.Con l’Istruzione operativa del 14 gennaio 2025 n. 370 l’INAIL ha aggiornato i coefficienti per il pagamento in quattro rate del premio di autoliquidazione 2024-2025 .
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato il tasso medio di interesse dei titoli di Stato per l’anno 2024. Il tasso, pari allo 3,41%, è da utilizzare per il calcolo degli interessi da versare in caso di pagamento rateale del premio di autoliquidazione. Sulla base di tale tasso si indicano i coefficienti da moltiplicare per gli importi della seconda, terza e quarta rata dell’autoliquidazione 2024/2025. Essi tengono conto del differimento di diritto al primo giorno lavorativo successivo nel caso in cui il termine di pagamento del 16 scada di sabato o di giorno festivo. Inoltre il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato il tasso medio di interesse dei titoli di Stato per l’anno 2024. Il tasso, pari allo 3,41%, è da utilizzare per il calcolo degli interessi da versare in caso di pagamento rateale del premio di autoliquidazione. Sulla base di tale tasso si indicano i coefficienti da moltiplicare per gli importi della seconda, terza e quarta rata dell’autoliquidazione 2024/2025. Essi tengono conto del differimento di diritto al primo giorno lavorativo successivo nel caso in cui il termine di pagamento del 16 scada di sabato o di giorno festivo.
Tengono conto altresì della possibilità di effettuare il versamento delle somme che hanno scadenza tra il 1° e il 20 agosto, entro il 20 agosto e senza alcuna maggiorazione. 1° rata: 17 febbraio 2025 tasso 0 2° rata: 16 maggio 2025 tasso 0,00822137 3° rata: 20 agosto 2025 tasso 2 0,01681644 4° rata: 17 novembre 2025 0,02541151
Ma cos’è il premio di autoliquidazione? Esso non è altro che il calcolo del premio dovuto all’INAIL di regolazione dell’anno precedente e quello della rata per l’anno in corso. Quali sono le imposte in autoliquidazione? In base alla riforma fiscale disposta dal D.Lgs 139/2024 ha introdotto il principio di autoliquidazione per l’imposta sulle successioni, attualmente limitato alle sole imposte ipotecaria, catastale, di bollo ed alle tasse ipotecarie. Il calcolo del premio assicurativo avviene ogni anno tramite il sistema dell’autoliquidazione, ovvero del calcolo effettuato dal datore di lavoro sulla base delle norme di legge e delle istruzioni operative fornite dall’Istituto.
Con il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 10 ottobre 2024, prende il via la terza edizione del Fondo Nuove Competenze (FNC), uno strumento strategico pensato per sostenere le imprese nei processi di transizione digitale ed ecologica, favorendo al contempo la creazione di nuova occupazione. Il FNC, istituito con il Decreto-Legge 34/2020, è un fondo pubblico cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo e rappresenta una risorsa fondamentale per il tessuto imprenditoriale italiano.
L’obiettivo principale del FNC è quello di agevolare i datori di lavoro nella formazione del proprio personale, consentendo alle aziende di adattarsi ai cambiamenti richiesti dai nuovi paradigmi tecnologici e ambientali. Le imprese che aderiscono possono usufruire di finanziamenti per riorganizzare l’orario di lavoro dei dipendenti, destinandone una parte alla formazione, senza incidere sul reddito dei lavoratori. Conapi Nazionale, da sempre in prima linea nella promozione della formazione aziendale, sottolinea l’importanza di investire nelle competenze del personale. Secondo Conapi, un lavoratore formato non solo aumenta la produttività aziendale, ma riduce anche i livelli di stress, migliorando il benessere lavorativo. Inoltre, un dipendente qualificato e competente acquisisce maggiore autorevolezza e autonomia, diventando un elemento chiave per il successo dell’impresa.
La terza edizione del Fondo Nuove Competenze si inserisce in un contesto in cui la trasformazione digitale ed ecologica rappresenta non solo una necessità, ma anche un’opportunità di crescita. Formare il personale significa dotare le imprese di strumenti per affrontare le sfide del futuro e garantire la competitività sul mercato.
Le aziende interessate a partecipare al FNC possono presentare i propri progetti formativi, individuando le aree di miglioramento e le competenze necessarie per sostenere la propria evoluzione. In un momento storico caratterizzato da profondi cambiamenti, il Fondo Nuove Competenze si conferma una leva strategica per lo sviluppo sostenibile e inclusivo del sistema produttivo italiano.
Il 9 gennaio 2025, presso la Corte Federale di Giustizia a Karlsruhe, in Germania, si è tenuta un’udienza cruciale riguardante Birkenstock, l’azienda tedesca nota per i suoi sandali. Ma facciamo un passo indietro. Birkenstock è un’azienda tedesca fondata nel 1774 da Johann Adam Birkenstock , nota per la produzione di calzature comode e di alta qualità, in particolare sandali e scarpe. L’azienda si distingue per l’iconico plantare ergonomico, che offre supporto all’arco plantare, stabilità e comfort. Le Birkenstock hanno origine da una lunga tradizione artigianale che risale al XVIII secolo in Germania. Nel 1774 Johann Adam Birkenstock viene registrato come calzolaio nella cittadina di Langen-Bergheim, in Germania, data che segna l’inizio della storia dell’azienda. Nei primi anni del 1800, Konrad Birkenstock, un discendente di Johann Adam, sviluppa l’idea di un plantare sagomato per offrire un maggiore comfort al piede. Si tratta di un’innovazione rivoluzionaria in un’epoca in cui la maggior parte delle scarpe aveva suole piatte e rigide. Nel 1964 Karl Birkenstock, un altro membro della famiglia, introduce il sandalo “Madrid”, il primo con il famoso plantare sagomato in sughero e lattice, sandalo che segna la nascita dei sandali per come li conosciamo oggi.
Negli anni ’70, le Birkenstock diventano popolari negli Stati Uniti, grazie all’interesse per il comfort e la salute del piede durante il boom del movimento per uno stile di vita naturale. A lanciarli tra lo stile della moda è stata la modella Kate Moss, ma anche le collaborazioni con Dior, Manolo Blahnik e Marc Jacobs – hanno favorito la diffusione del modello in tutto il mondo. L’azienda Birkenstock , nata dunque come soluzione per il benessere del piede e considerate un’icona globale di stile e funzionalità, si ritrova oggi a lottare contro tre aziende concorrenti accusandole dell’imitazione dei suoi modelli più iconoci: Arizona, Boston, Gizeh e Madrid. L’azienda, che protegge i propri prodotti riconoscendoli come “ vere e proprie opere d’arte” , aveva presentato una tesi al tribunale della Colonia sostenendo che l’ideazione e la produzione dei sandali debba ricadere sotto la normativa del diritto d’autore, in quanto prodotto di un’espressione artistica e culturale che merita di essere tutelata come tale. I giudici di secondo grado non hanno considerato i sandali un’attività artistica e di conseguenza non esiste nessun nesso con il diritto d’autore. La decisione finale spetta alla Corte Federale di Karlsruhe che potrebbe trovarsi in difficoltà sui concetti di arte e design industriale e , dall’altra parte, dare il via a una nuova era per il marchio Birckenstock.
Agroalimentare e Mezzogiorno superstar per l’export dei distretti industriali. E’ stato calcolato che nel terzo trimestre 2024 vi è stato un aumento dell’1,3% delle esportazioni dei distretti dopo quattro trimestri in calo anche se lieve. In un contesto di debolezza degli scambi mondiali si registra dunque una sostanziale tenuta dei valori esportati. Nei primi nove mesi il bilancio è positivo in quanto, una spinta importante è arrivata dalla filiera agroalimentare, mentre per i beni voluttuari e alcune tipologie di beni di consumo le performance non sono state altrettanto brillanti. Nonostante qualche criticità, sono più numerosi i distretti su terreno positivo che hanno raggiunto quota 74 rispetto ai 56 dei primi tre mesi del 2024. L’agroalimentare ha messo il turbo con un balzo staccando così distretti tradizionali vanto del Made in Italy come la moda. Tra i poli industriali che nel terzo trimestre si sono distinti sui mercati esteri l’oreficeria di Arezzo, il polo orafo di Vicenza e la maglieria e abbigliamento di Perugia.
Per quanto riguarda il cibo spiccano l’olio toscano, i dolci di Alba e Cuneo, l’ortofrutta romagnola, olio e pasta del Barese, i vini dei colli fiorentini e senesi,ma anche quelli irpini, il lattiero caseario parmense e ancora l’ortofrutta barese e l’alimentare napoletano. Nella meccanica in pole position la Food machinery di Parma cioè l’impresa di trasformazione di prodotti alimentari, i frigoriferi industriali di Casale Monferrato, nei mezzi di trasporto la nautica di Viareggio. Un distretto che invece è stato fortemente penalizzato è quello della pelletteria e delle calzature di Firenze che sembra essere in calo. A salvare l’export sono stati i mercati extra europei. In primis la Turchia che ha fortemente sostenuto le lavorazioni orafe di Arezzo. Soddisfazioni le ha date anche il mercato del Nord America grazie al traino dell’agroalimentare che ha messo a segno un incremento notevole in Canada.
Il settore è andato bene anche nel Medio Oriente in particolare in Arabia saudita e negli Emirati Arabi uniti . Anche nella Ue il cibo ha consentito di ottenere buoni risultati insieme con elettrodomestici e nautica in Francia. In Germania è stato solo l’agroalimentare a tenere alta la bandiera dell’export italiano. Le spedizioni hanno segnato il passo in Cina per effetto della meccanica e della moda e in Russia. A livello territoriale il successo ha sorriso soprattutto al Centro e al Mezzogiorno. Nella prima area a tirare sono state la Toscana con l’oreficeria di Arezzo, l’olio toscano, la cantieristica di Viareggio, il marmo di Carrara e l’Umbria con la maglieria e l’abbigliamento di Perugia e l’olio umbro. Nel Mezzogiorno sono stati i prodotti alimentari il motore dei distretti. In controtendenza invece quelli del Nord con alcune regioni come l’Emilia Romagna e la Lombardia che hanno fatto retromarcia e altre, come Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Liguria che hanno registrato una crescita dei valori esportati. In ogni caso quando si parla di sbocchi commerciali la prudenza è d’obbligo in uno scenario complesso e incerto con conflitti in corso in Europa e Medio Oriente.
Dal 1° gennaio 2025 entreranno in vigore importanti novità in materia di trattamento fiscale delle spese sostenute dai lavoratori autonomi per l’esecuzione di incarichi professionali. La riforma, introdotta dal D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, modifica l’art. 54 del TUIR con l’obiettivo di semplificare la gestione di tali spese e di ridurre il carico fiscale per i professionisti. Le nuove regole interessano tutte le persone fisiche e le associazioni professionali che producono redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni.
Le spese per l’esecuzione degli incarichi professionali possono essere sostenute direttamente dal professionista o dal committente e la loro gestione fiscale varia a seconda delle modalità di addebito. Dal 2025 le somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute dal lavoratore autonomo per l’esecuzione di un incarico e riaddebitate analiticamente al committente non concorrono più a formare il reddito del professionista. Parallelamente queste spese non saranno deducibili ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, salvo alcuni casi eccezionali quali il mancato rimborso dovuto a insolvenza del committente o prescrizione del credito. Si elimina inoltre la ritenuta d’acconto che fino al 31 dicembre 2024 veniva applicata sui rimborsi analitici.
Le spese sostenute direttamente dal committente per l’esecuzione dell’incarico non saranno considerate compensi in natura per il professionista e verranno dedotte dal committente secondo le regole ordinarie. Resta invece invariata la disciplina per le spese incluse nei compensi complessivi che continuano a concorrere alla formazione del reddito del professionista e a essere soggette ai limiti di deducibilità. Per esempio, le spese di vitto e alloggio sono deducibili solo al 75% e comunque non oltre il 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.
Fino alla fine del 2024 si applica la disciplina transitoria che prevede che i rimborsi analitici delle spese concorrono alla formazione del reddito del professionista ma sono interamente deducibili. La nuova normativa rappresenta quindi un cambiamento significativo per i professionisti che riaddebitano analiticamente le spese ai propri committenti poiché, a fronte di una semplificazione e di un vantaggio fiscale dovuto all’eliminazione della ritenuta, si perde il beneficio della deducibilità di tali spese.
La convenienza delle nuove regole varia in base alle modalità operative del professionista. Ad esempio, chi riaddebita analiticamente le spese beneficia dell’eliminazione dell’imposizione fiscale su tali somme, ma perde la possibilità di dedurle dal reddito. Per contro, le spese sostenute direttamente dal committente non hanno alcun impatto fiscale per il lavoratore autonomo. Rimangono penalizzazioni fiscali per le spese incluse nei compensi complessivi, che continuano a essere limitate dal punto di vista della deducibilità.
In sintesi, la riforma introduce semplificazioni e vantaggi fiscali, ma anche nuovi vincoli che richiedono una pianificazione attenta. I professionisti dovranno valutare attentamente le modalità di gestione delle spese con i propri committenti per ottimizzare l’impatto fiscale e sfruttare al meglio i benefici della nuova normativa.
Dopo il grande successo a Palazzo Reale di Milano , il Grand Palais di Parigi ha aperto le porte alla mostra di Dolce&Gabbana con il titolo francese di “Du Coeur à La Main: Dolce&Gabbana”. La mostra di moda, ospitata ne La Ville lumiére, è un invito da parte dei due couturier Domenico Dolce e Stefano Gabbana, a seguire il processo creativo dei loro lavori raccontatI attraverso temi che mettono alla luce le varie influenze culturali italiane : dall’artigianato alle arti visive, dall’architettura alla musica, dal balletto al teatro, dalla musica all’opera. Omaggio alla cultura italiana, quello proposto da Dolce&Gabbana all’interno delle 10 sale del Grand Palais è un viaggio sentimentale dove il culto del bello è il fulcro di ogni lavoro. Quello del “culto del bello” è un concetto che da sempre è stato al centro dell’operato di Dolce & Gabbana, e che si riflette sia nella loro estetica che nei valori del marchio. Per Domenico Dolce e Stefano Gabbana, la bellezza non è solo un ideale visivo, ma anche un’esperienza sensoriale che abbraccia la cultura, la tradizione e la manualità. Il loro lavoro celebra la bellezza in tutte le sue forme, dall’arte della sartoria alla cura dei dettagli, passando per l’integrazione di riferimenti culturali italiani, come la sensualità, la passione e l’eleganza senza tempo.
La filosofia che muove i due stilisti va oltre la moda, coinvolgendo la creazione di un’esperienza estetica che è profondamente radicata nella tradizione e nell’artigianalità. Le loro collezioni sono spesso un omaggio a un’idea di bellezza senza tempo, che unisce il moderno e il classico, l’opulento e il sobrio, con un’attenzione maniacale ai dettagli. “ Noi non siamo degli habitué parigini, ma abbiamo avuto questa grandissima occasione perché il direttore del Grand Palais, dopo aver visto la mostra organizzata a Milano ‘Dal cuore alle Mani, ha voluto averla a Parigi”, ha rilasciato Stefano Gabbana durante un’intervista. “La cosa che veramente ci inorgoglisce nel fatto di essere qui a Parigi non è che Dolce&Gabbana, Domenico e Stefano, sono a Parigi, ma l’Italia è a Parigi.” Dalla mostra si evince infatti la rivendicazione di una Italia orgogliosa
Ogni sala del Grand Palais è stata allestita in modo da accompagnare i visitatori all’interno del ‘laboratorio’ , luogo in cui i sogni prendono vita e diventano realtà. Saranno presenti oltre 200 creazioni , tra abiti e accessori di alta gioielleria e alta moda della Maison. La mostra , iniziata il 10 Gennaio, sarà aperta al pubblico fino al 31 Marzo 2025, pronta ad ospitare ogni visitatore proveniente da tutta Italia. Ciò che riempie il cuore di gioia dei due stilisti è l’aver attirato un pubblico che con il mondo della moda non ha nulla a che fare, e di conseguenza essere stati in grado di riuscire a trasmettere l’amore per il loro lavoro . “Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono riusciti a realizzare il proprio sogno perché sono tra i rari stilisti fondatori e proprietari della propria casa di moda, dunque liberi di creare ciò che vogliono. E ciò che amano è celebrare la passione di chi crea bellezza attraverso le proprie mani”, afferma Florence Muller, curatrice della mostra.
Le storie di successo di piccoli imprenditori locali sono spesso meno visibili rispetto a quelle delle grandi aziende, ma non per questo meno significative. Anzi, dietro a ogni attività di quartiere che prospera c’è un intreccio di valori, sacrifici, relazioni personali e scelte coraggiose che meriterebbe di essere raccontato. Non si tratta solo di costruire un’azienda redditizia, ma di costruire un percorso di vita esemplare, fatto di equilibrio tra lavoro e vita privata, di capacità di creare rapporti autentici e di un’attitudine capace di suscitare emulazione e, talvolta, persino invidia.
Spesso, questi piccoli imprenditori riescono a costruire qualcosa di grande con mezzi limitati e in contesti complessi, mettendo al centro del loro operato il legame con la comunità locale. Si vedono panettieri che, con la loro dedizione, trasformano un semplice forno in un punto di riferimento per il quartiere, o artigiani che tramandano un mestiere antico, rinnovandolo con creatività e innovazione. Ogni impresa ha la sua storia unica, ma tutte hanno in comune il coraggio di partire da zero e la perseveranza di affrontare ogni sfida quotidiana.
La costruzione di un percorso imprenditoriale solido richiede non solo capacità professionali, ma anche una grande abilità nel gestire gli equilibri familiari e sociali. Il successo di molti piccoli imprenditori non si misura solo in termini di fatturato, ma nel rispetto e nella fiducia che riescono a guadagnarsi all’interno della comunità. Non è raro vedere generazioni di clienti affezionati che si affidano allo stesso negozio o laboratorio, non solo per la qualità dei prodotti e servizi, ma per il rapporto umano che si è creato nel tempo.
Queste storie esistono in ogni angolo d’Italia e rappresentano un patrimonio prezioso, fatto di impegno, autenticità e passione. Sarebbe bello, un giorno, poterle raccogliere e raccontare con calma, dando loro la visibilità che meritano. In un mondo sempre più globale e digitale, le storie di piccoli imprenditori locali ci ricordano che dietro ogni attività c’è sempre una persona, una famiglia e una comunità che ha creduto in un sogno e ha lavorato duramente per realizzarlo.
Questi racconti di vita non sono solo un esempio di successo economico, ma anche una lezione su come affrontare la vita con tenacia, onestà e spirito di servizio. Raccontarli richiede tempo, ma ogni minuto speso in questa direzione sarebbe un investimento prezioso, perché dare voce a queste storie significa ispirare nuove generazioni di imprenditori e rafforzare il tessuto sociale del nostro Paese.
Nuove norme sulla somministrazione di lavoro: opportunità e implicazioni per aziende e lavoratori Con l’approvazione definitiva del DDL Lavoro collegato alla Legge di Bilancio 2025, il legislatore ha introdotto modifiche significative alla disciplina della somministrazione di lavoro, che riflettono un intento chiaro: favorire la flessibilità occupazionale e rispondere in modo più dinamico alle esigenze del mercato del lavoro. Ma quali saranno gli effetti concreti di queste novità e come potranno essere applicate. Il provvedimento introduce deroghe e semplificazioni che impattano direttamente sulle modalità di utilizzo dei contratti di somministrazione a tempo determinato. Tra le più rilevanti: • Esclusione dai limiti quantitativi: Non rientrano nel computo i lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato dall’agenzia, così come quelli con particolari caratteristiche o impiegati in specifiche esigenze aziendali (ad esempio attività stagionali, start-up, sostituzioni di personale assente). • Flessibilità nella formazione: L’uso congiunto o integrativo dei fondi bilaterali per i lavoratori somministrati (Forma.Temp) rappresenta un’opportunità per le agenzie e le imprese di investire in formazione continua e riqualificazione, rispondendo ai fabbisogni immediati del mercato e ai requisiti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). • Contratti senza causale per categorie svantaggiate: Per i lavoratori disoccupati da oltre sei mesi o in condizioni di svantaggio economico e sociale, il contratto a termine in somministrazione non richiederà più una causale, riducendo burocrazia e favorendo l’inclusione di queste categorie nel mercato del lavoro.
Le novità legislative potrebbero tradursi in vantaggi competitivi per le imprese: 1. Maggiore flessibilità organizzativa: Con l’eliminazione di alcuni limiti sui contratti a termine in somministrazione, le aziende potranno rispondere più agilmente alle fluttuazioni della domanda, gestendo meglio i picchi di lavoro o le sostituzioni temporanee. 2. Accesso facilitato a lavoratori qualificati: La possibilità di utilizzare fondi bilaterali in modo congiunto consente di investire in formazione e aggiornamento delle competenze, garantendo un rapido adattamento ai cambiamenti tecnologici e produttivi. 3. Riduzione delle rigidità burocratiche: La soppressione dell’obbligo di causale per alcune categorie di lavoratori semplifica la gestione amministrativa dei contratti, incentivando l’assunzione di soggetti svantaggiati.
Le modifiche normative mirano a creare opportunità di lavoro più ampie, soprattutto per le categorie più vulnerabili, ma pongono anche delle sfide. Se da un lato si amplia l’accesso a percorsi lavorativi per disoccupati di lungo periodo e over 50, dall’altro è cruciale che queste misure siano accompagnate da politiche di formazione efficaci per garantire l’effettiva valorizzazione delle competenze. Affinché queste novità possano tradursi in benefici concreti, sarà fondamentale: • Un’attenta pianificazione aziendale: Le imprese dovranno monitorare le opportunità offerte dai fondi bilaterali e sfruttare appieno la maggiore flessibilità normativa per sostenere i propri obiettivi produttivi. • Un approccio integrato alla formazione: Le agenzie per il lavoro e le imprese utilizzatrici dovranno investire in percorsi di formazione personalizzati, volti a potenziare le competenze richieste nei settori in crescita. • Collaborazione tra parti sociali: Il ruolo delle associazioni di categoria e dei sindacati sarà cruciale per garantire che le nuove norme siano applicate in modo equo, evitando eventuali abusi. Il DDL Lavoro rappresenta un passo avanti verso una maggiore flessibilità e modernizzazione delle relazioni lavorative. Tuttavia, il successo di queste riforme dipenderà dall’impegno di tutti gli attori coinvolti nel garantire che le misure introdotte siano applicate in modo efficace e responsabile. Solo così sarà possibile realizzare un mercato del lavoro più inclusivo, dinamico e competitivo.
Sabato 4 gennaio 2025 sono ufficialmente partiti i tanto attesi saldi invernali in gran parte delle regioni italiane. Un evento che ogni anno accende l’entusiasmo sia dei consumatori, pronti ad accaparrarsi i migliori capi a prezzi ridotti, sia degli esercenti, che vedono in questo periodo un’occasione irripetibile per incrementare il fatturato.
Con l’inizio delle vendite scontate, le vie dello shopping e i centri commerciali sono tornati a riempirsi dopo un periodo natalizio che, per alcune attività, ha registrato un andamento meno brillante del previsto. I saldi rappresentano una boccata d’ossigeno soprattutto per le attività di vicinato, le quali, grazie alle promozioni, riescono a competere con le grandi catene e l’e-commerce, attirando clienti e rilanciando il commercio locale.
La confederazione Conapi Nazionale ha colto l’occasione per invitare tutti gli imprenditori del settore a mantenere condotte corrette durante le vendite promozionali. Il monito riguarda in particolare il rispetto delle normative sui saldi, come l’esposizione chiara dei prezzi originali e delle percentuali di sconto effettive, senza ricorrere a pratiche scorrette o sconti di facciata che rischierebbero di compromettere la fiducia dei consumatori.
In un contesto economico ancora segnato da incertezze, i saldi invernali rappresentano un’opportunità cruciale per il rilancio del commercio, ma anche un banco di prova per la trasparenza e la correttezza degli operatori. Con un’offerta sempre più variegata e una clientela sempre più attenta e informata, il successo di questa stagione di saldi dipenderà non solo dai prezzi ma anche dalla qualità del servizio offerto.
Secondo le prime stime, la partenza sembra promettente, con un aumento delle presenze nei negozi rispetto agli anni precedenti. Molti consumatori hanno atteso questo momento per fare acquisti mirati, puntando su capi d’abbigliamento di qualità e articoli di tendenza a prezzi finalmente accessibili.
Per gli esercenti, il rispetto delle regole e la capacità di offrire reali occasioni di risparmio saranno fondamentali per sfruttare al meglio il clima di fiducia e il fermento che caratterizza questa stagione. I saldi invernali 2025, oltre a essere un evento di consumo, si confermano così come un’opportunità preziosa per rafforzare il rapporto tra commercianti e clienti, all’insegna della correttezza e della convenienza reale.
Il Natale è appena trascorso ed è considerata una delle feste più attese ed amata, ma dietro l’albero decorato e le luci scintillanti si nasconde un mondo di lavoro, strategie di mercato e trasformazioni che hanno reso questa festività un business globale multimiliardario. Dalla sua nascita fino all’evoluzione odierna, il Natale è diventato un potente motore economico, capace di influenzare ogni aspetto della nostra economia. Il “business natalizio” come lo conosciamo oggi ha radici profonde, evolvendosi di anno in anno tanto da diventare una macchina produttiva che l’organizzazione oggi come oggi parte già da settembre e le industrie produttrici lanciano le idee regalo attraverso le pubblicità, in tempi record considerando il Natale come una grande macchina che mette in moto un’economia globale quella che cominciò ad esercitare un enorme potere mediatico già nei primi anni ’20 dell’Ottocento e che, nel secolo successivo, grazie anche all’enorme sfruttamento commerciale che ne fece la Coca-Cola, sarebbe divenuto l’attuale “Babbo Natale” il famoso omone con barba bianca e vestito rosso che viaggia a bordo di una slitta trainata da renne volanti. Proprio questa strategia pubblicitaria avviata dalla Coca-Cola negli anni ’30, rappresenta una dimostrazione lampante di quanto anche il ruolo del marketing sia stato cruciale nell’evoluzione di questo fenomeno commerciale. Essa ha dato il via ad una parabola evolutiva senza precedenti e, di lì in avanti, Babbo Natale è sempre più diventato un simbolo del consumismo, la leva sulla quale oggi si basa praticamente l’intero Business mondiale nei mesi di ottobre,novembre e dicembre. Negli anni ’50 e ’60, poi, con il boom economico, il Natale divenne sinonimo di shopping frenetico, grazie alle pubblicità televisive in continuo aumento e agli allestimenti sempre più pomposi e luminosi dei grandi magazzini.
Oggi, il fenomeno del business natalizio muove cifre da capogiro e coinvolge per lo più il mondo intero, impattando sensibilmente anche sulla cultura e sulle abitudini di tutta una serie di consumatori che fino al secolo scorso ignoravano questa festività perché non appartenente alle usanze religiose della propria tradizione. Paesi come la Cina, l’India o il Giappone, che solo pochi decenni fa ancora non festeggiavano questa ricorrenza, hanno visto una crescente adozione delle tradizioni natalizie, incentivati dalle proprie imprese e multinazionali per motivi di interesse commerciale. Dunque dietro al Natale c’è un’enorme macchina economica che coinvolge per lo più l’intera economia globale. Generalmente le aziende e i liberi professionisti che offrono certi tipi di servizi o prodotti che non hanno nulla a che fare con la festività in sé o con le attività ad essa attinenti, non subiscono incrementi di introiti sotto Natale, anzi, molte attività approfittano proprio del periodo a cavallo tra l’ultima settimana di dicembre e la prima di gennaio per chiudere e andare in ferie. Basti pensare a settori come quello dei servizi di consulenza, all’industria metalmeccanica, al mercato immobiliare e via dicendo (solo per citarne alcuni). La musica cambia invece quando parliamo di tutta quella fetta di mercato che produce o vende beni e servizi che, per un motivo o per l’altro, trovano una forte domanda da parte dei consumatori proprio in occasione del Natale. Tra i settori più coinvolti: E-commerce un fenomeno del Business Natalizio dirompente che coinvolge da decenni negozi e supermercati fisici, negli ultimi anni, di pari passo con l’esponenziale crescita del digitale, è sempre più familiare anche nel mondo dell’eCommerce. La comodità del poter fare acquisti seduti sul divano di casa, i pagamenti elettronici sempre più sicuri e la velocità delle consegne ormai comune alla maggior parte dei siti di vendita online, hanno contribuito notevolmente ad un aumento dei consumi in generale che, per gli stessi motivi già discussi, subiscono un’impennata assai significativa nel periodo delle festività.
Anche la Logistica cioè il settore dei trasporti aumenta di pari passo con l’aumento delle vendite e, pertanto, è decisamente coinvolto nel fenomeno del Business Natalizio. Già dai tempi precedenti l’era digitale, corrieri e trasportatori, nei mesi autunnali e invernali vedevano aumentare a dismisura i flussi di lavoro a causa degli approvvigionamenti necessari ai vari esercenti che ordinavano nuova merce per le proprie scorte natalizie dai vari produttori e distributori; ma con l’avvento del commercio elettronico, tale incremento si è notevolmente amplificato. Poi abbiamo il Turismo che beneficia non poco del periodo natalizio. Anche se non ancora ai livelli dei mesi estivi, l’usanza di partire per posti esotici o settimane bianche, anno dopo anno, è sempre più in voga. Ed ecco quindi che anche le varie località sciistiche, gli alberghi, i ristoranti e molte altre strutture ricettive, diventano sempre più organizzate e attrezzate per accogliere i turisti nel periodo invernale investendovi maggiori risorse. Gli effetti del Business Natalizio sul Mercato del Lavoro ha, per ovvie ragioni, un impatto enorme anche sul mercato del lavoro, soprattutto in termini di assunzioni stagionali e coinvolgendo principalmente i settori commerciali sopra detti. Tra ottobre e dicembre, molte aziende assumono personale extra per far fronte all’aumento della domanda.
In questi mesi, la richiesta di personale temporaneo che perviene da negozi, supermercati, alberghi, ristoranti eccetera, aumenta vertiginosamente e le risorse umane somministrate dalle agenzie interinali come noi per aiutare le aziende a far fronte al boom natalizio, rappresenta circa il 10-15% dell’intera forza lavoro; con picchi del 30% nel retail e del 40% nella logistica. Questa crescita della richiesta di lavoratori stagionali rappresenta un’importante opportunità per studenti e giovani in cerca di prime esperienze o di nuovi stimoli. Un fenomeno che sembra destinato a crescere ancora almeno da quanto si percepisce allo stato attuale, l’exploit del Business Natalizio non sembra dare segni di cedimento, piuttosto appare in costante evoluzione, con una capacità unica di adattarsi ai cambiamenti culturali e adeguarsi allo sviluppo tecnologico. La domanda stagionale di regali, decorazioni e servizi dedicati continua a spingere le aziende a commercializzare prodotti sempre più specifici e a rispondere con offerte speciali che generano ricavi esorbitanti. Le strategie di marketing diventano sempre più mirate e personalizzate, le intelligenze artificiali si insinuano tra i meandri del web nutrendosi di dati demografici e “osservando” le nostre abitudini, stimolando così il coinvolgimento di ogni genere di persona e riuscendo a sostenere le esigenze di una comunità di acquirenti sempre più nutrita e variegata che oggi trova milioni di rappresentanti anche presso paesi e culture che ben poco hanno a che vedere con la festa cristiana del Natale, ma che, in tale occasione, preferiscono comunque sposare i modelli di business occidentali per non restare indietro nel mercato globale.
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