LA BILATERALITA’ E’ ANCHE SOLIDARIETA’. CONCERTAZIONE DELLE PARTI SOCIALI PER PROMUOVERE IL BENESSERE NELLE AZIENDE MIGLIORANDO LA VITA DEI LAVORATORI

In più occasioni ho avuto il piacere di affrontare il concetto di “bilateralità”, un pilastro innovativo nelle relazioni industriali. Questo modello si basa sulla concertazione delle parti sociali per promuovere il benessere nelle aziende, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone che vivono e lavorano in questi contesti. Il benessere dei lavoratori, sia fisico che psicologico, ha un impatto diretto sul successo dell’impresa: un dipendente soddisfatto e motivato, infatti, contribuisce a incrementare la produttività, traducendosi in un vantaggio economico per l’azienda stessa.

C’è però un elemento ancora più profondo da esplorare in questo contesto: la solidarietà. Questa parola, spesso usata nei discorsi e nelle teorie, è di per sé nobile e trasversale, ma non sempre riesce a tradursi in azioni concrete. È qui che entra in gioco il ruolo degli enti bilaterali, dove il concetto solidaristico trova piena espressione. Il funzionamento di questi enti si basa su una logica inclusiva: tutti i lavoratori contribuiscono con un piccolo contributo mensile stabilito dalla contrattazione collettiva, ma i benefici vengono destinati principalmente a chi vive situazioni di maggiore difficoltà.

Un esempio pratico di solidarietà operativa riguarda i pendolari. Per raggiungere il luogo di lavoro, molti di loro affrontano giornalmente non solo lunghe distanze e orari impegnativi, ma anche costi significativi legati ai mezzi di trasporto. Gli enti bilaterali intervengono spesso per ridurre questo disagio, offrendo rimborsi per le spese di viaggio. In questo modo, si contribuisce a eliminare una disparità tra lavoratori della stessa azienda, mettendo tutti sullo stesso piano, indipendentemente dalla loro distanza dal luogo di lavoro.

Questo approccio non si limita a un supporto materiale, ma rappresenta un messaggio forte: il benessere di ciascun lavoratore è una priorità collettiva. La solidarietà diventa così il cuore pulsante della bilateralità, trasformando un contributo obbligatorio in un meccanismo di equità e supporto sociale. Questo modello può essere preso come esempio per creare un sistema economico più giusto, dove le aziende non si limitano a massimizzare i profitti, ma assumono anche un ruolo di responsabilità sociale.

La bilateralità, quindi, non è solo una nuova frontiera per le relazioni industriali, ma una pratica che unisce produttività, inclusione e solidarietà, offrendo un concreto sostegno alle persone e rendendo migliore l’ambiente lavorativo per tutti.

PIANO MATTEI: TUNISIA. FORMARE PER INTEGRARE SUMMIT NELLA SALA PIRELLI IN REGIONE LOMBARDIA PER UN CONFRONTO SERRATO PER DISCUTERE DEL PROGETTO PRESENTATO DA CO.N.A.P.I.

Si è svolto nella sede della Regione Lombardia “Pirellone” nella sala principale ” sala Pirelli ” , un importante ed interessante evento organizzato e moderato dal Presidente di Co.N.A.P.I. Lombardia,dottor Massimo Palermo, con la partecipazione del Presidente di Co.N.A.P.I. Nazionale dottor Basilio Minichiello ed esponenti istituzionali come l’Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro Simona Tironi, il Sottosegretario alle Relazioni Internazionali ed Europee , Raffaele Cattaneo, il Segretario Generale Vicario Confintesa Claudia Ratti. Al tavolo dei lavori era presente la giuslavorista, avvocato Mirella Giovino, Jacopo Dozio , membro della IV commissione Attività Produttive, Stefano Calegari, direttore generale Energheia Impresa Sociale e Diego Mantrone Presidente di Galdus. Nel corso dell’evento, è stato in collegamento il Presidente della Camera Euromediterranea per l’industria e l’impresa Badreddine Toukabri. L’evento ha avuto come titolo ” Formare per integrare ” indirizzato al progetto presentato da Co.N.A.P.I., Galdus con partner salesiani di Tunisi.

Nel corso degli interventi, il sottosegretario ha sottolineato il valore del Piano Mattei e della cooperazione internazionale nello spirito ” non predatorio” dello stesso Piano, nei confronti di tutta l’ area interessata al Piano Mattei. Quest’ultimo esprime un progetto che riguarda il rinnovamento dei rapporti con i paesi del continente, delineando un nuovo approccio che renda maggiormente lineari le relazioni con i partner africani e italiani, con lo scopo di promuovere lo sviluppo proprio negli Stati Africani. Il Piano, come tutti sanno, ha ben 17 direttrici d’intervento: dalla cooperazione allo sviluppo alla promozione delle esportazioni e degli investimenti, dall’istruzione alla ricerca e innovazione, dalla salute all’agricoltura e sicurezza alimentare e così via. Nel corso dei lavori svoltisi a Milano presso la sala Pirelli in Regione Lombardia, è stato posto l’accento sulla Formazione ed è stato messo in evidenza come sia importante creare una sorta di rete per poter cooperare al meglio con tutte le parti coinvolte nel progetto. Inoltre ha ottenuto il placet dei relatori, alcuni capitoli del lavoro svolto e curato dal dott Antonio Zizza, direttore del Centro Studi e Ricerca di Co.N.A.P.I. Nazionale in tema di cooperazione, sviluppo, formazione ed inserimento lavorativo delle persone immigrate, ricerca consegnata lo scorso settembre a margine del G7 svoltosi a Mirabella Eclano (Av) al ministro Matteo Piantedosi. Interessanti sono poi stati gli interventi degli attori della formazione , Galdus ed Energheia partner formativo e di politiche attive coinvolti nel progetto.

L’intervento in collegamento diretto con il presidente della ONG Camera Euromediterraneo per l’industria e l impresa, Toukabri che ha sottolineato come il Paese nordafricano rimane fondamentale per l’Italia nella lotta al fenomeno dell’immigrazione clandestina così come l’Italia è interessata ad investire in Tunisia in progetti a favore dei giovani delle regioni sfavorite. Soddisfatto dell’ iniziativa il Presidente di Co.N.A.P.I. Nazionale, il dott. Basilio Minichiello che, da sempre impegnato nell’ ascolto delle esigenze delle aziende nel reperire personale qualificato, ha da ultimo sottoscritto con Confintesa uno specifico protocollo per favorire la formazione e l’inserimento lavorativo delle persone provenienti da Paesi Terzi. L’ intesa e la collaborazione è stata confermata anche dalla dott.ssa Claudia Ratti, segretario generale vicario di Confintesa. L ‘attenzione dei relatori si è concentrata sulle finalità dei progetti formativi in Tunisia, sia sotto il profilo lavorativo che sotto il profilo umano e sociale. Evitare le attività “predatorie” e concentrarsi sull’effettiva ricerca delle figure professionali da formare nei luoghi di origine e da inserire successivamente nel contesto lavorativo italiano, questo è il messaggio fondamentale da cui partire.

CASSE EDILI SEMPRE PIÙ CENTRALI NEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI E DEL RISPETTO DEI DIRITTI CONTRATTUALI

Nel panorama del mondo del lavoro, le casse edili svolgono un ruolo centrale nel settore delle costruzioni, rappresentando uno strumento essenziale per garantire il rispetto dei diritti contrattuali e offrire prestazioni economiche e assistenziali ai lavoratori. Le loro funzioni includono la gestione degli accantonamenti per ferie e gratifica natalizia, l’erogazione dell’Anzianità Professionale Edile (APE) per incentivare la stabilità lavorativa, l’integrazione salariale in caso di malattia o infortunio, la fornitura di prestazioni assistenziali come borse di studio e contributi medici, e la certificazione della regolarità contributiva (DURC) per le imprese.

Tuttavia, in Italia il modello delle casse edili presenta una peculiarità unica e, per certi aspetti, anomala. La loro organizzazione su base provinciale comporta una frammentazione che incide sulla gestione e sulla distribuzione delle risorse, mentre gli oneri sostenuti dal settore edile per finanziare il sistema delle casse sono considerevoli, soprattutto in rapporto al welfare complessivo offerto. Questo squilibrio evidenzia la necessità di un ripensamento del ruolo e delle modalità operative delle casse edili, con l’obiettivo di rendere il sistema più uniforme, efficiente e sostenibile per le imprese e per i lavoratori. Una revisione di questa struttura potrebbe contribuire a migliorare la trasparenza e l’equità del sistema, oltre a rafforzare la competitività del settore edile nel suo complesso.

NATALE E CAPODANNO : ECCO LE METE PIÚ AMBITE DAGLI ITALIANI

Sempre più vicini alle festività natalizie , gran parte della popolazione ha già deciso dove trascorrerà questo periodo. In generale gli italiani amano trascorrere le festività in luoghi che combinano tradizione, bellezza paesaggistica e opportunità di svago. Le mete più gettonate variano tra destinazioni nazionali ed estere, a seconda delle preferenze per la neve, il mare o la cultura. Per chi ama la montagna e le località sciistiche il Trentino-Alto Adige, la Val d’Aosta e le Dolomiti sono sicuramente le mete più gettonate. Il periodo di Natale rappresenta una delle stagioni più redditizie per le regioni montane grazie all’afflusso di turisti sia italiani che internazionali. I dati sui guadagni variano ogni anno, ma soffermando sul Trentino-Alto Adige, la stagione che va da dicembre a marzo vede un afflusso di circa 2-3 milioni di turisti. Il periodo di natale, che coincide con l’apertura ufficiale della stagione sciistica, è particolarmente forte e secondo alcune stime, il solo settore sciistico può generare oltre 300 milioni di euro durante la stagione invernale.

Il Trentino investe molto nella promozione turistica e nella modernizzazione degli impianti sciistici, generando un circolo virtuoso che alimenta la crescita economica della regione.
Courmayeur, una delle località più iconiche della Val d’Aosta, è una delle mete preferite dagli italiani per trascorrere il Natale. Oltre che essere una delle località sciistiche più rinomate d’Italia, con impianti moderni che attraggono appassionati di sport invernali di ogni livello con vista mozzafiato sul massiccio del Monte Bianco, durante il periodo di Natale Courmayeur si trasforma in un vero e proprio villaggio incantato, con mercatini di Natale che offrono prodotti artigianali, specialità gastronomiche locali e decorazioni festive.
Alcuni italiani, i più tradizionalisti, preferiscono passare le feste nelle città d’arte, come Roma, che offre una combinazione di storia, cultura e atmosfere natalizie uniche, con eventi, mercatini e concerti.; Firenze, meta molto apprezzata per l’arte, il cibo e l’atmosfera festiva o ancora Venezia, magica, con il suo scenario incantato, i mercatini e gli eventi culturali.

Ma anche regioni come Sicilia e Campania durante questo periodo sono mete turistiche per quella parte di popolazione che ricerca un clima più mite , oltre che essere attratto dalla ricchezza storica e gastronomica.
Secondo l’indagine di Facile.it tra Natale e Capodanno saranno 11 milioni e mezzo i connazionali che si concederanno una vacanza con pernottamento di almeno una notte, per una spesa media di 335 euro ed una stima complessiva di quasi 4 miliardi. E, contro a chi preferisce rimanere in Italia, c’è quella fetta di popolazione che ha programmato da molti mesi il famoso Capodanno all’Estero. Capodanno a New York è il sogno di tutti: Times Square è famosa per la celebre discesa della palla durante il count-down di Capodanno. Andare a New York durante il periodo natalizio è un’esperienza magica, ma un viaggio molto costoso a partire dal biglietto aereo, e continuare con alloggio, cibo, spostamenti e attrazioni turistiche. Anche Londra , Vienna e Parigi sono mete ambite durante le festività natalizie.
Le feste rappresentano una stagione di picco con aumenti significativi negli incassi. Tuttavia, va anche detto che l’alta domanda durante il periodo natalizio spesso porta a incrementi nei prezzi, sia per i voli che per alloggi, ristoranti e attrazioni, il che contribuisce ulteriormente ad aumentare i guadagni per molte aziende. Se ben sfruttato, il periodo di Natale può essere decisivo per molti settori economici.

DECRETO FLUSSI: ESERCIZIO TEMPORANEO IN DEROGA AL RICONOSCIMENTO DELLE QUALIFICHE PROFESSIONALI SANITARIE CONSEGUITE ALL’ESTERO ED ESTESO FINO AL 2027

Al via il decreto flussi. Per quanto riguarda la sanità, si proroga dal 31 dicembre 2025 al 31 dicembre 2027 il termine entro il quale è consentito l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario, in deroga alle norme sul riconoscimento delle predette qualifiche professionali. Contestualmente, viene prorogato dal 31 dicembre 2025 al 31 dicembre 2027 quanto disposto dal decreto-legge n. 34 del 2023 consentendo l’esercizio temporaneo di una professione medica o sanitaria o l’attività prevista per gli operatori di interesse sanitario, in base ad una qualifica professionale conseguita all’estero. Fino alla medesima data si applica inoltre quanto disposto dagli articoli 27 (ingresso in casi particolari in territorio italiano) e 27-quater (ingresso e soggiorno per lavoratori altamente qualificati) del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico sull’immigrazione) anche al personale medico e infermieristico assunto presso strutture sanitarie o socio sanitarie, pubbliche o private, sulla base del riconoscimento regionale, con contratto libero-professionale ovvero con contratto di lavoro subordinato, entrambi anche di durata superiore a tre mesi, a carattere rinnovabile. Dopo il via libera della Camera al decreto Flussi, è stato necessario il passaggio del testo al Senato per l’approvazione definitiva. Rispetto alla formulazione originaria del testo sono diverse le misure che sono state aggiunte: dalla lista dei paesi sicuri, allo spostamento di competenza dalle sezioni specializzate in materia migratoria alle corti d’appello. Molte le novità della legge di conversione approvata dalla Camera, rispetto al testo originario del decreto legge entrato in vigore lo scorso 11 ottobre 2024 sono diverse le misure che si sono aggiunte.

Tra queste c’è la lista dei paesi di origine sicura, che sono stati ridotti a 19:Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Un elenco che sarà aggiornato periodicamente con atto avente forza di legge. Una notifica sull’aggiornamento sarà inviata alla Commissione europea. Un ulteriore intervento riguarda il passaggio di competenze in relazione alla convalida dei trattenimenti per le persone che richiedono protezione internazionale. Tale competenza passerà dalle sezioni specializzate in materia di migrazioni alle Corti d’appello in composizione monocratica. La novità si applicherà dopo 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Flussi.

Ci sono poi le misure di rafforzamento delle tutele contro lo sfruttamento e il caporalato. Le vittime potranno ottenere permessi di soggiorno della durata di sei mesi, che saranno ulteriormente rinnovabili. Inoltre saranno previsti interventi di assistenza e di formazione, tra i quali rientrerà anche l’assegno di inclusione, per quanti contribuiscono a far emergere i reati (e per i loro familiari). Queste sono alcune delle principali novità che si aggiungono a quelle già previste dal testo iniziale del decreto legge. Sono stati previsti diversi click day, che variano sulla base delle tipologie di lavoratori che entreranno in Italia. Per il 7 febbrao 2025 è inoltre stabilito l’ingresso di 10.000 badanti, oltre alle quote già previste, che avverrà attraverso click day. I datori di lavoro che vogliono presentare la richiesta di nulla osta al lavoro, potranno farlo grazie a domande precompilate, attraverso il portale del Ministero dell’Interno.La prima domanda è partita lo scorso 1° novembre e potrà essere inviata fino alla fine del mese. Ciascun datore di lavoro potrà presentare fino a 3 richieste di nulla osta al lavoro. Il limite però non verrà applicato nel caso in cui sia garantito un numero di richieste proporzionale al volume d’affari o ai ricavi o compensi dichiarati.Sono state inoltre modificate le quote di riserva destinate al settore agricolo e a quello turistico. Il decreto ha inoltre stabilito uno specifico calendario per l’invio delle richieste. Un’ulteriore novità è l’ingresso di 10.000 lavoratori e lavoratrici stranieri per l’assistenza domiciliare e familiare, in particolare ad anziani e disabili, che si aggiunge alle quote già stabilite per raggiungere il totale di 19.500.

LA CONSULENTE ROSALIA PASSARO PONE L’ATTENZIONE SUL RUOLO DEI PROFESSIONISTI E DELLE AZIENDE CHE DEVONO FARE I CONTI CON LE NORMATIVE DELLE AGENZIE DELLE ENTRATE IN MATERIA FISCALE E PREVIDENZIALE

La situazione attuale delle piccole e medie imprese, e degli studi professionali che le supportano, sta diventando sempre più insostenibile. L’articolo evidenzia con precisione come la crescente importanza delle circolari dell’Agenzia delle Entrate e il loro ruolo quasi normativo stiano trasformando il lavoro di chi opera nel settore. Tuttavia, a mio avviso, questo processo non tiene conto della realtà operativa né delle difficoltà che affrontano quotidianamente le PMI e i loro consulenti.
Le piccole e medie imprese si trovano infatti schiacciate da un carico di adempimenti che spazia dal fiscale al previdenziale, dalla sicurezza sul lavoro agli obblighi sanitari e di pubblica sicurezza. Questa mole di responsabilità viene delegata agli studi professionali, che si trasformano inevitabilmente in poli di competenze multidisciplinari. Ma oggi la sfida non è solo leggere la norma: è interpretare un proliferare di circolari, spesso elaborate in modo poco chiaro e in tempi rapidi. Ci troviamo di fronte a documenti che non sempre riflettono una conoscenza approfondita della materia, diventando un’ulteriore fonte di incertezza.

Le tecnologie digitali hanno reso l’accesso alle circolari più rapido, ma non necessariamente più utile. Questi strumenti di interpretazione, che dovrebbero chiarire le norme, finiscono per essere percepiti come opinioni, spesso discordanti, che complicano il quadro normativo invece di semplificarlo. Il problema si aggrava perché manca quella ricchezza di esperienza che in passato caratterizzava l’Amministrazione Finanziaria. Con la perdita di personale esperto, l’interpretazione delle norme diventa più meccanica e meno contestualizzata, aumentando il divario tra contribuenti e amministrazione.

In questo contesto, è evidente che la categoria dei consulenti professionali non può più sostenere il peso di una normativa ipertrofica e instabile. Gli studi, già sovraccaricati di lavoro, devono ora confrontarsi con una complessità che non riguarda più solo la loro area tradizionale di competenza. La multidisciplinarietà sembra l’unica via d’uscita: studi che integrano competenze legali, amministrative, tecniche e fiscali. Tuttavia, questa transizione richiede risorse e investimenti che non tutti possono permettersi, rischiando di polarizzare ulteriormente il settore e lasciando le PMI prive di un supporto adeguato.
Il paradosso è che, invece di semplificare il sistema normativo, si tenta di uniformare a valle l’interpretazione delle norme, affidandosi a circolari concertate. Queste ultime, pur essendo frutto di dialogo tra amministrazione e professionisti, rischiano di irrigidire ulteriormente l’applicazione delle norme, riducendo la flessibilità necessaria per affrontare la complessità delle situazioni reali.
In definitiva, senza un radicale ripensamento del sistema, questa dinamica non è sostenibile. Occorre agire a monte, creando leggi più chiare e trasparenti, riducendo la proliferazione di circolari e valorizzando il dialogo costruttivo tra pubblico e privato. Solo così si potrà garantire un equilibrio tra le esigenze delle imprese, il lavoro degli studi professionali e l’efficienza dell’amministrazione pubblica.

CONTRIBUENTI ALLE PRESE CON L’AGENZIA DELLE ENTRATE. CONFUSIONE E PREOCCUPAZIONE

Le lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate ai titolari di partita IVA con redditi ritenuti bassi hanno suscitato critiche soprattutto per il coinvolgimento di lavoratori dipendenti e pensionati con attività autonome marginali che inevitabilmente generano redditi residuali. Questi contribuenti si trovano a ricevere una comunicazione non richiesta che causa confusione e preoccupazione anche se non impone obblighi diretti. Gli studi professionali sono particolarmente colpiti dalla situazione poiché molti clienti si rivolgono ai consulenti per ottenere ulteriori chiarimenti, nonostante le valutazioni sull’adesione al Concordato Preventivo Biennale fossero già state effettuate.

Non aderire alla proposta non comporta rischi immediati per il contribuente, ma potrebbe dar luogo a futuri accertamenti basati su presunzioni semplici o metodi analitico-induttivi. La logica utilizzata dall’Agenzia si basa su una metodologia di reddito minimo settoriale approvata con il Decreto MEF di giugno 2024, che confronta i redditi dichiarati con quelli medi dei dipendenti dello stesso settore economico. Tuttavia, la metodologia non è stata chiaramente illustrata nelle comunicazioni, aumentando il senso di incertezza tra i destinatari. I contribuenti possono scegliere di regolarizzare la propria posizione tramite dichiarazioni integrative o aderendo al Concordato entro il 12 dicembre, ma entrambe le opzioni comportano un aggravio economico. L’approccio seguito dall’Agenzia rischia di generare un effetto boomerang, alimentando malcontento e appesantendo il lavoro degli studi professionali senza apportare benefici significativi in termini di compliance fiscale.

ITALIA PRIMA NELLA VENDITA DI PROFUMI DI ALTA QUALITÀ. L’ ACQUA DI COLONIA RAPPRESENTA BENE IL MADE IN ITALY

Il settore della profumeria in Italia rappresenta un ambito di mercato significativo, sia dal punto di vista economico che culturale. L’Italia è uno dei principali produttori e consumatori di profumi di alta qualità, con una forte tradizione artigianale e una reputazione internazionale che fa leva sul “Made in Italy” nel settore della cosmetica e dei profumi. La nostra Italia, con città come Milano e Firenze, è stata una delle prime nazioni a sviluppare marchi di profumeria che sono diventati noti a livello mondiale. Acqua di Colonia. Uno degli antichi profumi italiani più celebri, fu creato nel 1709 dal profumiere Giovanni Maria Farina a Colonia (in Germania) , ma il nome “Acqua di Colonia” è legato al prodotto che ebbe grande successo anche in Italia.
Nel 2023 il mercato della profumeria in Italia ha visto una crescita sostenibile, con un volume di vendita che si aggira intorno ai 2,5-3 miliardi di euro. Quello della profumeria è un settore che include fragranze di lusso ma anche prodotto di fascia medio-alta , oltre che quella di massa.

Il settore è in continua evoluzione e negli ultimi anni l’industria della profumeria ha registrato una crescente domanda di fragranze uniche, di nicchia e personalizzate. La maggior attenzione alla sostenibilità e agli ingredienti naturali sta influenzando la produzione e la vendita dei profumi. Inoltre come in molti altri settori, l’e-commerce ha avuto un ruolo crescente, soprattutto durante e dopo la pandemia, con un aumento delle vendite online di fragranze, spesso accompagnato da un’offerta di campioni o prodotti esclusivi.
L’Italia ospita alcuni dei marchi di profumeria più noti a livello mondiale , come Giorgio Armani, Dolce&Gabbana o Prada, marchi che oltre a rappresentare l’eccellenza della moda, godono di grande successo a livello internazionale. Soffermandoci sul marchio di Giorgio Armani, è difficile ottenere una cifra esatta e aggiornata sui guadagni specifici provenienti esclusivamente dalla fragranze, perchè l’azienda non fornisce dati dettagliati e separati riguardo le sue linee di prodotto.

Tuttavia secondo alcune stime di mercato e rapporti annuali dell’industria della profumeria, si stima che la divisione beauty e profumeria di Giorgio Armani rappresenti circa il 10-15% delle vendite complessive del marchio. Nel caso del gruppo Armani, che solo nel 2023 ha registrato alte vendite globali, le vendite nel settore della profumeria potrebbero aggirarsi intorno ai 250-375 milioni di euro annuali.
Secondo quanto riportato da ANSA , Il mercato delle fragranze sta registrando un’impennata straordinaria, con una crescita del 13% nel 2023 e a livello globale un valore di 50 miliardi di euro. Il mercato della profumeria in Italia dovrebbe continuare a crescere, con un focus sulle fragranze personalizzate, l’uso di ingredienti naturali e l’e-commerce. Inoltre, l’espansione del concetto di “fragranze unisex” e il sempre maggiore interesse verso prodotti eco-friendly sono tendenze che plasmeranno il settore nei prossimi anni.
In sintesi, la profumeria in Italia non solo è un mercato con radici profonde, ma sta anche evolvendo in risposta alle nuove esigenze di consumo, con una forte enfasi su sostenibilità, innovazione e qualità.

VIOLENZA DI GENERE CONSIDERATA UN FENOMENO SOCIALE. LA GIUSLAVORISTA MIRELLA GIOVINO LO ANALIZZA DA UN PUNTO DI VISTA LAVORATIVO.

E’ da poco trascorsa la giornata dedicata alla violenza sulle donne che Co.N.A.P.I. Nazionale, ha inteso affrontare attraverso un webinar dedicato, a cui hanno partecipato professionisti i quali hanno approfondito vari punti, soprattutto quelli critici che rappresentano il nervo scoperto del genere femminile indebolendone la figura in vari amibiti: familiari, sociali e lavorativi. A proposito dell’ambiente lavorativo, abbiamo intervistato l’avvocato Mirella Giovino, giuslavorista e consulente di CoN.A.P.I. Nazionale e braccio destro del Presidente Basilio Minichiello per tutto quanto attiene alla formazione contrattuale, definendone i contenuti per disciplinare vari ambiti lavorativi e che avendo un ruolo importante da un punto di vista professionale, puo’ rispondere ad alcune domande.

Avvocato Giovino, come può essere definita la violenza di genere?
“La violenza di genere è un fenomeno sociale che, allo stato, non ha una definizione univoca, e trova la sua collocazione in più fonti normative, accordi e convenzioni internazionali, legislazione nazionale, prassi interpretative. E’ sicuramente qualificabile come un fenomeno complesso, che si manifesta con pluralità di azioni violente ripetute nel tempo; azioni di natura fisica, psicologica, sessuale, economica e verbale, che possono verificarsi nell’ambiente domestico, nei luoghi di lavoro, nella vita sociale. Viene colpita la persona a causa del suo “genere”. La violenza sulle donne è il paradigma più conosciuto di tale forma di violenza”.
Il contesto lavorativo, quindi, può essere interessato da tale fenomeno?
“Nell’ambiente di lavoro possono registrarsi fenomeni di violenza di genere-continua la dottoressa Mirella Giovino-attuata attraverso pratiche e comportamenti, anche solo sotto forma di minaccia, che possono essere reiterati nel tempo, con conseguente danno fisico, psicologico, morale, economico o sessuale. La violenza di genere potrebbe non essere adeguatamente valutata dagli attori coinvolti, spesso distratti dai ritmi o condizionati dalle dinamiche del rapporto lavorativo. Va sottolineato, di contro, che nello stesso ambiente di lavoro possono essere attuati strumenti di tutela e di repressione di tali forme di violenza, nonché attività di supporto alle vittime qualora la violenza sia stata perpetuata all’esterno”.

Inoltre, avvocato quali sono gli strumenti di prevenzione e contrasto alla violenza di genere nell’ambiente di lavoro?
Per la giuslavorista: “Prima di ogni cosa va evidenziato che è la contrattazione collettiva Nazionale a buttare le basi per prevenire e contrastare il fenomeno in quanto, nel recepire gli istituti già previsti dal legislatore, pone le basi per la previsione di regole di miglior favore – si pensi, ad esempio, ai sistemi di prevenzione, alla creazione di specifici percorsi formativi, alle sanzioni disciplinari, alla prevenzione del mobbing- al fine di tutelare e migliorare le condizioni di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori nell’ottica di un ambiente sano ed equilibrato. Sicuramente uno degli strumenti più efficaci ed immediati per contrastare e prevenire il fenomeno all’interno dell’azienda ma anche, come detto, per fornire l’adeguato supporto alle vittime stesse è la contrattazione aziendale, ovvero la contrattazione di secondo livello. Il contratto di secondo livello è l’accordo sottoscritto tra l’associazione datoriale o datore di lavoro e l’associazione sindacale, per il tramite della rappresentanza in azienda, attraverso cui si stabiliscono le condizioni più rispondenti alla realtà lavorativa, nell’interesse di crescita comune tra azienda e lavoratori. E’ uno strumento essenziale, in quanto è nella singola realtà aziendale che vanno ricercate le criticità e prospettate e attuate le migliori soluzioni possibili. In merito alla tutela delle vittime di violenza di genere, sicuramente attraverso l’accordo di secondo livello si potranno incentivare le forme di assistenza rientranti nel welfare aziendale (ad esempio: erogazione di servizi finalizzati al supporto psicologico, integrazioni economiche, premi, assistenza legale), introdurre strumenti di flessibilità oraria e organizzativa, prevedere l’erogazione di permessi straordinari, estendere, nei limiti del perimetro normativo, il periodo di congedo di cui al D.Lgs. 81/ 2015 nel caso in cui la vittima sia stata inserita in percorsi di protezione. Il dialogo in azienda è fondamentale per la crescita e la tutela comune, l’accordo aziendale fornisce gli strumenti adeguati per meglio realizzarlo”. Così ha concluso la professionista, lasciando aperta la porta del confronto, che rappresenta e sancisce l’importanza di una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e sulla dignità dell’essere umano.

IL PERIODO DI PROVA PER IL RAPPORTO DI LAVORO, RAPPRESENTA UNO STRUMENTO IMPORTANTE PER LE PARTI NONOSTANTE I LIMITI NORMATIVI E CONTRATTUALI

L’istituto del periodo di prova rappresenta un momento fondamentale all’interno del rapporto di lavoro, poiché consente a entrambe le parti di valutare reciprocamente l’idoneità a proseguire la collaborazione senza vincoli definitivi. Durante questo periodo, il datore di lavoro può verificare le capacità e le prestazioni del dipendente, mentre quest’ultimo ha l’opportunità di comprendere se l’ambiente e le mansioni siano compatibili con le proprie aspettative. Tuttavia, questa fase introduttiva è accompagnata da numerose complessità normative e disparità applicative, che sollevano interrogativi sia sul piano giuridico sia su quello sociale. Negli ultimi anni, sono emerse numerose modifiche legislative e interpretazioni giudiziarie che hanno cercato di regolare questo ambito, introducendo parametri per definire la durata e le condizioni del periodo di prova, soprattutto nei contratti temporanei. Questi interventi hanno però sollevato perplessità, non solo per la loro complessità ma anche per la loro attuazione, che varia significativamente a seconda del settore o del contratto collettivo applicato. La disparità di trattamento tra i lavoratori di settori diversi è un elemento particolarmente rilevante. Alcuni contratti collettivi prevedono periodi di valutazione più estesi per i ruoli di maggiore responsabilità, mentre altri stabiliscono criteri meno stringenti per i contratti a termine.

Questa frammentazione normativa, osservabile nei contratti pubblicati dal CNEL, evidenzia una mancanza di uniformità che rischia di penalizzare i lavoratori di ambiti meno tutelati. Un altro nodo critico riguarda le implicazioni legate all’invalidità del periodo di prova. Qualora il datore di lavoro non rispetti le norme previste per la formalizzazione del periodo di valutazione, come la mancata indicazione delle mansioni o la violazione di obblighi contrattuali, il licenziamento eventualmente effettuato potrebbe essere considerato non legittimo. Tuttavia, il trattamento giuridico delle conseguenze varia a seconda delle normative applicabili, creando incertezza sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Alcune interpretazioni privilegiano il riconoscimento di un risarcimento economico, mentre altre invocano il diritto alla reintegrazione del dipendente, ampliando il divario tra legislazione e prassi giudiziaria. La mancanza di un quadro uniforme per il periodo di prova si riflette anche nelle tensioni tra le regole stabilite dalla legge e le loro applicazioni concrete.

Il contrasto tra diverse interpretazioni può portare a una situazione di conflitto istituzionale, con ricadute negative sia sulla fiducia delle imprese sia sulla stabilità delle garanzie offerte ai lavoratori. Inoltre, la mancanza di una regolamentazione chiara e coerente amplifica le difficoltà per i professionisti del settore, che devono destreggiarsi tra normative complesse e divergenti. È evidente che l’attuale sistema necessita di una revisione che tenga conto delle esigenze di equilibrio tra flessibilità e protezione. Una possibile direzione potrebbe includere l’armonizzazione delle regole applicabili a tutti i contratti collettivi, evitando disparità tra lavoratori di settori diversi. In questo senso, il ruolo del CNEL dovrebbe essere rafforzato per garantire che i contratti collettivi rispettino standard equi e uniformi, in linea con i principi fondamentali della tutela dei lavoratori.
In conclusione, il periodo di prova, pur rappresentando uno strumento prezioso per entrambe le parti del rapporto di lavoro, mostra evidenti fragilità nell’attuale contesto normativo e contrattuale. Per garantire una maggiore equità e coerenza, è necessario un intervento legislativo organico che chiarisca le regole, riduca le disparità tra i settori e offra maggiore certezza giuridica, salvaguardando al tempo stesso le esigenze di flessibilità delle imprese e i diritti dei lavoratori.