La situazione attuale delle piccole e medie imprese, e degli studi professionali che le supportano, sta diventando sempre più insostenibile. L’articolo evidenzia con precisione come la crescente importanza delle circolari dell’Agenzia delle Entrate e il loro ruolo quasi normativo stiano trasformando il lavoro di chi opera nel settore. Tuttavia, a mio avviso, questo processo non tiene conto della realtà operativa né delle difficoltà che affrontano quotidianamente le PMI e i loro consulenti.
Le piccole e medie imprese si trovano infatti schiacciate da un carico di adempimenti che spazia dal fiscale al previdenziale, dalla sicurezza sul lavoro agli obblighi sanitari e di pubblica sicurezza. Questa mole di responsabilità viene delegata agli studi professionali, che si trasformano inevitabilmente in poli di competenze multidisciplinari. Ma oggi la sfida non è solo leggere la norma: è interpretare un proliferare di circolari, spesso elaborate in modo poco chiaro e in tempi rapidi. Ci troviamo di fronte a documenti che non sempre riflettono una conoscenza approfondita della materia, diventando un’ulteriore fonte di incertezza.
Le tecnologie digitali hanno reso l’accesso alle circolari più rapido, ma non necessariamente più utile. Questi strumenti di interpretazione, che dovrebbero chiarire le norme, finiscono per essere percepiti come opinioni, spesso discordanti, che complicano il quadro normativo invece di semplificarlo. Il problema si aggrava perché manca quella ricchezza di esperienza che in passato caratterizzava l’Amministrazione Finanziaria. Con la perdita di personale esperto, l’interpretazione delle norme diventa più meccanica e meno contestualizzata, aumentando il divario tra contribuenti e amministrazione.
In questo contesto, è evidente che la categoria dei consulenti professionali non può più sostenere il peso di una normativa ipertrofica e instabile. Gli studi, già sovraccaricati di lavoro, devono ora confrontarsi con una complessità che non riguarda più solo la loro area tradizionale di competenza. La multidisciplinarietà sembra l’unica via d’uscita: studi che integrano competenze legali, amministrative, tecniche e fiscali. Tuttavia, questa transizione richiede risorse e investimenti che non tutti possono permettersi, rischiando di polarizzare ulteriormente il settore e lasciando le PMI prive di un supporto adeguato.
Il paradosso è che, invece di semplificare il sistema normativo, si tenta di uniformare a valle l’interpretazione delle norme, affidandosi a circolari concertate. Queste ultime, pur essendo frutto di dialogo tra amministrazione e professionisti, rischiano di irrigidire ulteriormente l’applicazione delle norme, riducendo la flessibilità necessaria per affrontare la complessità delle situazioni reali.
In definitiva, senza un radicale ripensamento del sistema, questa dinamica non è sostenibile. Occorre agire a monte, creando leggi più chiare e trasparenti, riducendo la proliferazione di circolari e valorizzando il dialogo costruttivo tra pubblico e privato. Solo così si potrà garantire un equilibrio tra le esigenze delle imprese, il lavoro degli studi professionali e l’efficienza dell’amministrazione pubblica.