La risposta a interpello n. 144 del 2024 dell’Agenzia delle Entrate ha stabilito che i rimborsi ai dipendenti per le attività sportive dei figli, se queste non sono parte di programmi scolastici formativi, non possono beneficiare del regime di favore previsto per il welfare aziendale ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. f-bis) del TUIR.
In particolare, l’Agenzia ha specificato che i rimborsi non concorrono alla formazione del reddito dei lavoratori solo se le attività sportive sono connesse a finalità di educazione o istruzione. Quindi, senza questa connessione, i rimborsi non possono rientrare nel regime di esenzione.
Tuttavia, l’erogazione in natura di servizi sportivi direttamente da parte del datore di lavoro potrebbe essere esente, classificandosi come servizi di utilità sociale secondo l’art. 51, comma 2, lett. f) del TUIR. Questo implica che l’attività sportiva può essere considerata un servizio di utilità sociale, perseguendo finalità ricreative, se fornita direttamente dal datore di lavoro e non come rimborso delle spese.
Il principio di terzietà richiede che i rapporti giuridici ed economici siano tra datore di lavoro e fornitori dei servizi, senza coinvolgimento diretto del dipendente nelle condizioni economiche. Pertanto, per includere i servizi sportivi nel welfare aziendale senza tassazione per i dipendenti, è necessario che questi servizi siano erogati direttamente dal datore di lavoro e non attraverso rimborsi.