La reperibilità lavorativa prevista da alcuni contratti impegna parte del tempo di riposo del lavoratore, che deve essere pronto a riprendere il servizio in caso di chiamata. Questo stato può generare perplessità sulla compatibilità con le normative vigenti in materia di orario di lavoro e riposo.
La normativa sull’orario di lavoro stabilisce prescrizioni minime di tutela, tra cui durata massima della prestazione lavorativa, riposi giornalieri e settimanali, lavoro notturno, ferie e pause. Queste disposizioni si applicano a tutti i settori, con alcune eccezioni.
I lavoratori hanno diritto a un riposo giornaliero di 11 ore consecutive ogni 24 ore, un riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive ogni 7 giorni, calcolato come media su un periodo non superiore a 14 giorni, e pause quando l’orario di lavoro giornaliero supera le 6 ore.
La reperibilità si distingue in reperibilità passiva, dove il lavoratore attende una chiamata, ma potrebbe non essere chiamato, e reperibilità attiva, dove il lavoratore viene effettivamente chiamato a prestare servizio. Durante la reperibilità, se non avviene la chiamata, il periodo è considerato riposo e non comporta emolumenti extra. Se avviene la chiamata, il periodo di riposo ricomincia dopo la prestazione, senza cumulare le ore precedenti la chiamata.
Secondo la normativa UE, il tempo di reperibilità che vincola eccessivamente il lavoratore può essere considerato orario di lavoro, influenzando la libertà di gestione del tempo personale. La Corte di Giustizia UE ha chiarito che i vincoli imposti al lavoratore durante la reperibilità possono qualificare tale periodo come orario di lavoro se limitano significativamente la libertà del lavoratore.
La contrattazione collettiva può disciplinare specifiche deroghe alla normativa sugli orari di lavoro. La contrattazione di prossimità, prevista dal D.L. n. 138/2011, permette deroghe alla contrattazione nazionale in materia di orario di lavoro, rispettando principi costituzionali e comunitari.
La Cassazione ha riconosciuto
che il periodo di reperibilità può essere considerato orario di lavoro anche senza l’obbligo di permanenza sul luogo di lavoro, se i vincoli limitano la libertà del lavoratore. Fattori rilevanti includono il tempo per riprendere l’attività lavorativa dopo la chiamata e la frequenza media degli interventi durante la reperibilità.
Per garantire la compatibilità tra reperibilità e normativa, è essenziale che i datori di lavoro rispettino le ore di riposo, limitino i vincoli imposti durante la reperibilità per non comprimere eccessivamente la libertà del lavoratore, utilizzino la contrattazione collettiva per stabilire regole chiare e condivise riguardo alla reperibilità e agli interventi, e monitorino l’impatto della reperibilità sulla gestione del tempo adeguando le politiche aziendali in base ai feedback dei lavoratori e alle evoluzioni normative. Queste misure possono contribuire a un equilibrio tra le esigenze aziendali e il benessere dei lavoratori, rispettando le normative vigenti.